Uniti dalla solitudine, con la testa fra le nuvole. Sia Fabio Aru, che sceglie il battesimo con il ciclismo che conta vincendo una delle tappe più prestigiose del Giro d'Italia; sia Vincenzo Nibali, che da martedì scorso è su un vulcano - a Tenerife -, sul Teide, per allenarsi con vista Tour. Ha seguito il «bimbo» via internet, perché lassù la tivù non si prende. «Appena terminata la corsa gli ho mandato un sms: Good job, Fabio!. Mi sono esaltato, non pesavo che potesse arrivare a vincere una tappa così importante - ci racconta il siciliano vincitore di un Giro e una Vuelta -, ma Fabio ha qualità innate. Ha classe e intelligenza. L'avevo visto pedalare benissimo prima del Trentino e gli avevo detto: stai tranquillo, farai un grande Giro».
Che tipo è Fabio. «È un tipo tranquillo, sereno e solo apparentemente accomodante. Guai a prenderlo in giro. Lui è il bimbo della squadra e ogni tanto lo mettiamo in mezzo con la storia che è il prediletto di Beppe (Martinelli, il ds): lui se la prende.
Dove può arrivare in questo Giro? «Dobbiamo lasciarlo sereno. Deve avere anche il diritto di sbagliare, ma questo è un ragazzo che il Giro lo vincerà tra uno o due anni: ne sono sicuro».
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