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La fede nerazzurra va oltre le ombre cinesi. Leo e Maldini ridanno identità al Diavolo

L'Inter, sorretta da un grande pubblico, cerca il leader ritrovato dai cugini

La fede nerazzurra va oltre le ombre cinesi. Leo e Maldini ridanno identità al Diavolo

Riconoscibili? Sì, riconoscibili sul campo perché sembra che il tempo non passi mai. Provate a leggere questo passo di Gianni Brera, derby dell'ottobre 1957 (Inter-Milan 1-0): «Il Milan gioca, costruisce, conclude. Ma sempre un tantino in ritardo che non debba Il risultato fa un tantino scandalo ma la dialettica del derby è per solito spietata. L'Inter non ha mancato la sola occasione avuta in dono. Il Milan ne ha mancate una decina. L'Inter ha tentato gracili schemi ma quasi tutti profondi e suscettibili di sfruttamento». Sembra di rivedere partite rossoneroazzurre di questo campionato. Peggio il derby del febbraio 1958 (2-2): «Il Milan fa più gioco, costruisce palle gol in misura almeno doppia. L'Inter è squadra matta, ineguale, arcigna. Rimette a galla anche i giubilati, segna con quelli, evita con quelli due gol sicuri. Il Milan proprio quando domina viene infilato». Potrebbe essere la cronaca di un derby annunciato: 60 anni prima. In campo c'erano Skoglund e Lorenzi, Schiaffino e Cucchiaroni. L'anno dopo Angelillo e Liedholm. Campioni che sbagliavano come quelli di adesso.

Vien da pensare che tutto è cambiato, ma in fondo nulla è cambiato: solo sul campo. Perchè, invece, Inter e Milan sono percettibilmente diverse. I padroni vengono da mondi, filosofie e politiche che vanno all'opposto anche nella storia contemporanea. L'impronta si vede: i cinesi hanno nascosto la autentica riconoscibilità dell'Inter, gli americani hanno riproposto la tangibilità carismatica del vecchio Milan. I padroni rossoneri hanno riacciuffato il Diavolo sull'orlo di un abisso e hanno cercato l'impronta forte di grandi ex: Maldini e Leonardo. Gattuso da solo ci ha provato, ma non sarebbe bastato. Non è detto che il trio sia destinato a far faville, però c'è la volontà di riaffermare il carisma di una storia, di una tradizione, del far sentire tifosi e giocatori nuovamente a casa. Questo è il vero successo della stagione rossonera.

L'Inter cinese non è appariscente, spende danari, finalmente ha capito che per vincere i campionati servono giocatori di grande qualità, ma non ti lascia intravedere nulla dell'anima dell'Inter che fu. Non basta Icardi in campo. I dirigenti sono ottimi lavoratori, eppure nel calcio italiano non può bastare. Soprattutto nel club che si è identificato in una famiglia (Moratti) e, prima e dopo, in personaggi tifosi come Fraizzoli e Pellegrini. Oggi la vera Inter si riconosce solo nel suo pubblico: appassionato, pronto a criticare e un attimo dopo ad esaltare, gente numerosa allo stadio, come sempre e più di sempre. In quel senso di appartenenza mai smarrito si intercettano i segni identificativi della Nerazzurra di Milano. Direte: c'è anche Zanetti. Vero, ma scompare più che apparire. Ha il fisico, non il carisma del ruolo. Mazzola, Suarez e Facchetti avevano altro marchio di qualità. Questa Inter nuova, ambiziosa e cinese sembra lo scorrere di un'Ombra cinese. Il Milan una parata americana nel giorno del Tanksgiving. Non è detto che le Ombre non offuschino paillettes e trombette.

Ma oggi il tifo rossonero sente il sapore di un carisma, quello interista solo l'amore per un colore.

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