«Felice che il Novara non abbia avuto pietà Ho vinto la mia sfida» Lo sfogo del tecnico esonerato appena 35 giorni dopo l’ingaggio: «Mi hanno trattato come un ragazzino. Divorzio consensuale? Bah...»

«Felice che il Novara non abbia avuto pietà Ho vinto la mia sfida» Lo sfogo del tecnico esonerato appena 35 giorni dopo l’ingaggio: «Mi hanno trattato come un ragazzino. Divorzio consensuale? Bah...»

Il terreno dell’oratorio di Sant’Alberto è pieno di buche. E il pallone salta da un ceppo all’altro quasi fosse indiavolato. Ai bordi del campo un manipolo allegro di mamme e papà si gusta il gioco dei propri pargoli, mentre discute di ricette culinarie o del ritorno al successo dell’Inter di Ranieri. Niente tifo, siamo ai primi calci. Quelli che fanno bene al cuore.
Nulla è più lontano dal tappeto sintetico del «Silvio Piola» di Novara e dalla serie A. Eppure Emiliano Mondonico è felice. Circondato dai bimbi della sua scuola calcio e dall’amicizia di don Giancarlo, gran tifoso del Toro, l’esonero sembra molto meno amaro.
È passata meno di una settimana da quando il club piemontese gli ha dato il benservito. Così, senza preavviso, in una mattina di primavera. Appena trentacinque giorni dopo l’ingaggio. Il primo da quando il Mondo ha sconfitto il tumore all’addome.
Dica la verità, quanto c’è rimasto male?
«All’inizio ero amareggiato e stupito, ma poi ho voltato pagina. Nell’esonero ho visto che non c’era pietà nei miei confronti e questo è importante. Guai fosse stato altrimenti. Volevo solo la mia vita e Novara mi ha ridato la vita. Per questo mi sento di dire grazie».
Sua figlia Clara su Facebook non è stata così diplomatica. Il giorno dell’esonero ha scritto un eloquente «infami» sulla propria bacheca…
«Lei è fatta così. Se subisco un torto, parte lancia in resta. Comunque va capita, è un ultrà che tifa per il suo papà».
Invece Emiliano non cova rabbia?
«Per nulla. Magari, fosse stato qualche anno fa, me la sarei presa. Più che altro per il modo. Mi hanno tenuto all’oscuro delle decisioni sino all’ultimo, manco fossi un ragazzino alle prime armi. Pensi che il primo a darmi la notizia è stato il responsabile di una tv…».
E la società?
«Si è fatta sentire solo dopo. Mi ha telefonato Cristiano Giaretta (neo ds del Novara, ndr), dicendomi che voleva vedermi per pranzo. E lì mi ha detto che non sarei più stato l’allenatore della squadra».
Motivo?
«Non mi hanno dato una vera e propria spiegazione. Magari me la daranno poi, visto che sino a giugno resto sotto contratto. Però ci tengo a precisare che la parola “consensuale” utilizzata nel comunicato del club non è appropriata…».
Non ha sentito nessuno a Novara in questi giorni?
«In verità qualche giocatore mi ha telefonato per esprimermi solidarietà. Ma non mi chieda i nomi…».
Cosa resta di questi 35 giorni?
«La consapevolezza di poter ancora essere un allenatore. Quando dico che sono grato al Novara non mento. Quest’avventura mi ha ridato forza. Per me è stata una prova del nove, tornare a impegnare la mia mente e il mio fisico è stato come tornare a vivere. Quando accettai l’incarico, mia moglie era piena di dubbi. E anche io avevo bisogno di vedere se ero ancora quello di prima. Ho superato il test e sono pronto per nuove sfide».
Non ha alcun rimpianto?
«Avrei preferito che i risultati fossero migliori. Ma il livello della serie A è molto alto. Te ne accorgi quando affronti squadre come Bologna, Chievo o Atalanta. Noi avremmo dovuto fare meglio in fase offensiva. Questo è il mio unico cruccio, perché checché se ne dica le mie squadra hanno sempre segnato tanto».
Ci credeva davvero nella salvezza del Novara?
«Certo. Il Novara ha la forza per fare 4-5 vittorie di fila, un po’ come ha fatto il Lecce.».


La vittoria a San Siro contro l’Inter è stato il momento più bello. Fu un miracolo?
«No, parlerei piuttosto di catenaccio, contropiede e un pizzico di fortuna. L’essenza del mio calcio. In serie A come qui all’oratorio».

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