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Le figurine, gioco antico che resiste in un 2013 di smartphone e tablet

Papà, ma quando arrivano le figurine della Panini? Prima di Natale, la domanda è quasi rituale, come scrivere una letterina che ormai appartiene al passato

Le figurine, gioco antico che resiste in un 2013 di smartphone e tablet

Papà, ma quando arrivano le figurine della Panini? Prima di Natale, la domanda è quasi rituale, come scrivere una letterina che ormai appartiene al passato. Tu sai, però, che dietro una semplice richiesta dei tuoi figli, a te genitore si apre un mondo. Passano gli anni, si sviluppano le tecnologie, le nuove generazioni usano palmari e tablet come tu disegnavi le aste, ma c’è una cosa che resiste a mode e modi: le figu. Perché grazie al cielo, per aprire una bustina ed attaccare i calciatori sull’album non serve saper maneggiare un joypad. Almeno su quello, con i vostri figli non partite battuti e, di questi tempi, buttala via una simile occasione di far bella figura. Certo, son cambiati i tempi. Se vi mettete a raccontar loro di quando usavate la Coccoina (quella colla particolare, bianca, racchiusa nel barattolone da ufficio, dall’inconfondibile odore di mandorla dolce) vi guarderanno male, scambiandovi per drogati. «Coccoina, amore, non cocaina». Niente, per loro è arabo come per voi sentir parlare di «Modalità Multiplayer». E se gli dite che, nel 1967, le figu non erano adesive ma si appiccicavano con le «celline» (quel rettangolino bioadesivo che immancabilmente si appiccicava alle dita) inizieranno a dubitare della vostra sanità mentale. «Ma come, le figurine non erano adesive?». E tu ti senti precipitare nella preistoria del mondo.

Sarà che alla nostra generazione di cinquantenni, in fondo, importava poco di attaccarle all’album. Negli anni ’70, non era come adesso. Per vedere i goal dovevi aspettare la Domenica Sportiva. Alla tele, mandavano in onda un tempo della miglior partita della giornata, in registrata, e cara grazia. I calciatori non ti entravano nelle case con le loro dichiarazioni ogni due per tre. Spesso, poi, per noi bambini, il primo impatto con la loro faccia avveniva proprio attraverso la figurina Panini che li ritraeva. Non c’era ancora il Subbuteo, figuriamoci Fifa o Pes. Così, quando compravi dieci pacchetti e iniziavi a trovare i vari calciatori, ti spiaceva attaccarli. Preferivi usarli per organizzare partite sul letto di casa, assemblando improbabili formazioni (rigorosamente miste data la scarsità di figu a disposizione), con al centro del campo una pallina di carta. Era il nostro modo di simulare le giocate dei campioni e quando, bustina dopo bustina, ogni singola squadra cresceva di numero ti sentivi un piccolo presidente di club. Anzi, di Lega, perché organizzavi i tuoi piccoli campionati. Per non parlare delle tante partite di «muretto», «lontananza», «alfabeto» che accompagnavano i nostri intervalli a scuola. Sarà forse per questo che noi adulti restiamo così attaccati alla bustina Panini. Ora non esiste più il problema di trovare un figu rara. Tutte sono inserite in ugual numero. Ma quella di Pizzaballa, per noi, non era solo una leggenda metropolitana. C’erano figurine che si facevano fatica realmente a trovare, che in pochi possedevano, ed anche questo, in fondo, contribuiva a far crescere il piacere della raccolta. Ora, nell’epoca del tutto e subito, i nostri figli non hanno di questi problemi.
«Papà, apriamo qualche bustina dei calciatori?».

Certo, amore, perché tu non lo sai che ogni volta che apri un pacchetto ti porti via un pezzetto della mia nostalgia.

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