Il fondo Highbridge è pronto ma Li da solo non basta

Il passaggio da Montella a Gattuso è solo il primo passo di una serie di difficili scelte a cui il Milan è chiamato per risollevare le proprie sorti

Il fondo Highbridge è pronto ma Li da solo non basta

Il passaggio da Montella a Gattuso è solo il primo passo di una serie di difficili scelte a cui il Milan è chiamato per risollevare le proprie sorti. Fuori dai campi di calcio, i rossoneri si giocano una delicata partita finanziaria. Dopo un travagliato cambio di proprietà, il Milan si trova nel bel mezzo di un aumento di capitale da 60 milioni la cui conclusione è prevista entro l'anno. Una iniezione di liquidità necessaria per mantenere l'attuale assetto della proprietà, dato che al Milan non è concesso mantenere a lungo una situazione di patrimonio netto negativo, secondo gli accordi stretti con il fondo speculativo Elliott, con il quale ha un debito di 354 milioni. Ed è proprio il tema debito, l'altro delicato ostacolo da superare. Se, infatti, sulla ricapitalizzazione pare che non ci siano grossi problemi (su 60 milioni ne mancano solo 25), il fardello da 354 milioni è tutta un'altra storia. I tempi non sono strettissimi. C'è tempo un anno: fino a ottobre 2018. Ma la situazione societaria dei rossoneri è complessa. In particolare preoccupa la solidità finanziaria del gruppo cinese proprietario del club, che viene spesso messa in discussione. Da ultimo, per esempio, con l'inchiesta del New York Times che, indagando sulle attività in Cina del proprietario del Milan, Yonghong Li, ha messo in luce come le miniere indicate come una delle sue principali fonti redditizie siano intestate a un prestanome. Inoltre Li risulta poco conosciuto anche in Cina, dove non appare nemmeno nelle liste dei maggiori imprenditori. In questo contesto Li deve cercare di ottenere liquidità e quindi, fiducia, dai grandi fondi di investimento. Dopo aver sondato le banche d'affari Merrill Lynch e Goldman Sachs, di recente l'interesse di Li si è concentrato su Highbridge - il fondo speculativo che ha sede a Londra e a Hong Kong. Highbridge sarebbe disposto ad aprire il proprio portafoglio a favore dei rossoneri a suon di interessi: almeno l'8 per cento. La questione fiducia però è centrale e perché vadano a posto i tasselli della trattativa, compreso il via libera del comitato investimenti di Highbridge, è ormai chiaro che Li deve trovare un socio cui affiancarsi e che sia gradito alle parti in causa.

L'operazione di rifinanziamento è infatti doppia. L'iniezione di liquidità va suddivisa tra il piano superiore del club, la holding lussemburghese Rossoneri Sport su cui pesa un debito da 180 milioni, e quello inferiore, cioè il Milan, esposto per 123 milioni. Capitale a cui vanno aggiunti anche una cinquantina di milioni di interessi (il tasso è dell'11,5% per i 180 milioni e del 7,7% per i 123 milioni). E se il rifinanziamento del Milan appare semplice, è la Rossoneri Sport che complica la partita essendo in capo a Li, e quindi senza garanzie. Ma cosa accadrebbe se il club milanese dovesse perdere la partita finanziaria? Elliott, il fondo di Paul Singer, diventerebbe proprietario della società e molto probabilmente rimetterebbe le quote del club sul mercato. Questo, tra un anno. Prima, entro il 2017, Li deve onorare la ricapitalizzazione e sperare nella Uefa.

La dirigenza del Milan le ha sottoposto un piano per arrivare al pareggio di bilancio entro 4 anni, condizione richiesta dal cosiddetto fair play finanziario. La Uefa stabilirà quindi, a breve, se il piano di investimenti del Milan sia credibile o meno: in caso negativo la società potrebbe ricevere sanzioni, come già successo a Inter e Roma nel 2015.

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