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Formula Uno da oratorio. Solo 15 monoposto al via. Ma Vettel... Arrivabene

Parata Mercedes: Hamilton domina, Rosberg 2°. Sebastian sul podio. Raikkonen beffato da un dado

Formula Uno da oratorio. Solo 15 monoposto al via. Ma Vettel... Arrivabene

Riusciamo a non farci obnubilare il cervello da Vettel terzo a mezzo minuto dal dominatore Hamilton e dal talentuoso compagno Rosberg? Sì, dai che ce la facciamo... Basta mettere in fila un po' di cosette e di ricordi. A cominciare da Fernando Alonso che un anno esatto fa chiuse quarto in Australia a mezzo minuto da Nico. Per di più a bordo della peggiore Ferrari degli ultimi venti anni. Per evitare l'offuscamento da troppo giubilo basta pensare che la comunque bella e rincuorante prestazione del tedesco arriva al termine di una corsa fatta di quindici monoposto che pareva di essere agli autoscontri fra quattro gatti fuori dall'oratorio. Autoscontri che, grossi, non ci sono stati, salvo un accenno al via pagato soprattutto da Maldonado e la Lotus, e innescato da un concorso di varie colpe con in mezzo anche Raikkonen e Vettel. I due, volendosi un sacco di bene in quanto amici, si sono attaccati e chiusi alla prima curva. Questo accenno di cronaca solo per sottolineare che, dopo un giro e una safety car, le macchine in pista erano già 13, visto che anche l'altra Lotus di Grosjean era kaputt causa motore.

Per cui facciamo pure festa per il podio di Vettel che resta un fuoriclasse plurimedagliato, umile nell'approccio e che si fa ben volere parlando italiano e noi ci inteneriamo sempre per queste cose. Però, diamine, non perdiamo di vista che a fine gara Button sulla McLaren-Honda era stato doppiato due volte e il team continuava a spronarlo perché «forza Jenson che potresti finire a punti». Ha infatti chiuso undicesimo.

Più che formula uno è formula tristezza. E vien male a dirlo perché questo è un grande sport... Se fatto bene. Invece tre giorni a tediare con i giudici dell'Alta Corte di Melbourne e Van der Garde che corre oppure no con la Sauber pasticciona. Poi l'accordo fra l'olandese e il team (soldi?) che alla fine consente a Ericsson e Nasr di scendere in pista. E i due finiscono pure a punti. E ci mancherebbe... Visto che erano pochini e la Sauber vola col motore Ferrari riveduto e corretto rispetto a quello spompo dello scorso anno. Motore spompo (il Renault) che invece resta in casa Red Bull con Ricciardo doppiato e Kvyat col cambio rotto nel giro d'installazione. Ko come la McLaren arrosto di Magnussen più o meno in quel momento. E sono meno due in griglia. Che aggiunti al forfait di Bottas per mal di schiena e alle due Manor ex Marussia giunte in Australia senza mai scendere in pista, fanno appunto quindici partenti al via.

Per cui, nonostante pole e gara ci abbiano detto che la SF15T ha recuperato parte del gap dalle Mercedes (ora paga un secondo e 4 in qualifica e 5-6 decimi al giro in gara), osservando Vettel e la Ferrari in festa non dobbiamo far festa come per una vittoria. Perché ieri è andata in scena una Formula oratorio e perché una sciocchezza il box della Rossa l'ha comunque commessa: dado spanato o avvitato male nel primo pit di Kimi che, dopo la seconda sosta, l'ha costretto a fermarsi con la ruota ballerina.

Lo sa bene il team principal Ferrari Arrivabene quando ammette di essere felice per il podio e per Seb «ma io non sono contento perché con Kimi potevamo fare meglio. Stava picchiando come un martello quando c'è stato il problema del dado». E aggiunge: «Però andiamo bene... Per cui basta ragionare da secondi, iniziamo a pensare in grande». Ma non troppo in grande. «Piedi per terra» dice infatti «perché se ci fosse stata anche l'altra Williams avremmo avuto un riferimento migliore».

Può star tranquillo Arrivabene. In Malesia l'altra Williams ci sarà. Se Bottas non rientra è già pronta Susie Wolff, terzo pilota, che ha girato poche volte ed è però moglie del Wolff capo Mercedes e azionista Williams. Capito che razza di F1 è questa? Ma non ditelo ad Ecclestone che pensando alla donna pilota sta già facendo festa.

E forse si è dimenticato di Alonso.

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