Quando arriva Atalanta-Juventus si va con i ricordi, figurine degli ex, storie di filiali, gemellaggi e tradimenti. Ma stavolta è una roba seria, ma seria davvero, grazie alla squadra di Gasperini. Perché l'Atalanta, cambiando l'ordine dei fattori, garantisce sempre lo stesso prodotto: qualità e quantità, football e punti. Non soltanto in Italia. La trasferta di Lione ha ribadito quello che si era visto con l'Everton di mister Rooney. Squadra compatta, in avvio succube dei francesi e, poi, piena di autorità, sollecitata da un piccolo grande calciatore che si chiama Gomez e non semplicemente Papu come viene battezzato e celebrato dai telecronisti enfatici.
Gomez è la carta di credito e la chiave di lettura dell'Atalanta. Ha trovato la sua maturità a Bergamo, dopo l'esperienza siciliana con il Catania e quella tossica con il Metalist, in un periodo delicato per l'Ucraina, tra guerra e morti quotidiane. Rientrato in Italia, Gomez è diventato il capitano dell'Atalanta, migliorando nelle doti che già si conoscevano, nonostante un fisico non proprio potente e feroce. La sua abilità tecnica e la sua genialità permettono a Gasperini di giocare un jolly tattico quando la partita prende sviluppi difficili.
Il resto è un gruppo coeso, una società chiara nelle sue strategie, un presidente, Percassi, che non si fa prendere dalle esibizioni radiotelevisive ma fa impresa e Bergamo si fa notare non soltanto per la propria grande storia ma per il club di calcio e per la squadra di football che continua a vendere e mai a svendere ma, in contemporanea, consolidando il proprio patrimonio finanziario e tecnico. Rispetto al passato la nuova Atalanta ha soltanto un prodotto del vivaio: Caldara. E che prodotto. Destinato alla Juventus, come accade per repertorio da un secolo, è l'elemento normale che fa la differenza come lo era e lo fu un altro maestoso difensore, Gaetano Scirea, stessa origine, stessa stazione di arrivo.
Partiti Kessie e Gagliardini, si riteneva che la squadra, a centrocampo, si afflosciasse e così non è stato. Gasperini è un Antonio Conte rivisto e appena corretto. Ha temperamento e lo trasmette al gruppo, qualcuno ne ricorda il fallimento interista sul quale meglio sarebbe stendere un velo pietoso. L'Atalanta, dunque, arriva alla partita con la Juventus con le credenziali per fermare la capolista che deve rinunciare a uomini chiave del suo gioco, Pjanic prima di tutti, l'unico artista di centrocampo tra molti postini e minatori. Si prevede sfida aspra, nel tono agonistico, nel ritmo che sicuramente Gasperini vorrà dare alla partita, conoscendo i lati deboli dell'avversario, appunto nella zona mediana. Qui l'Atalanta ha ricostruito il proprio telaio, l'arrivo di Ilicic, anche se impiegato a tempo parziale, è un'altra mina vagante nello schema tattico che già prevede Gomez come drone su tutto l'arco offensivo.
Va poi sottolineato un altro uomo che ha smentito se stesso, diventando una specie di garanzia a vita per la difesa: si tratta di Andrea Masiello, reduce dalla squalifica per le scommesse più o meno clandestine.
Smascherato dalla giustizia, accusato di essere il capo carismatico dell'associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva, arrestato cinque anni fa dai carabinieri, finito al gabbio, svergognato dagli avversari, Masiello ha pagato il conto ed è tornato a svolgere il ruolo per il quale è pagato in purezza: ha un gioco spiccio ma indispensabile, gioca con il carattere giusto per un difensore, nessuno più osa fischiarlo per quel passato cattivo. Questo è potuto accadere all'Atalanta. Nessuna poesia, nessuna fiaba. E' il calcio.
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