Gattuso, fuga dalla vittoria. Ora il Milan rischia tutto

Cinque partite per salvare la stagione e il futuro del tecnico. Paquetà l'uomo in più per il gran finale

Gattuso, fuga dalla vittoria. Ora il Milan rischia tutto

Un uomo solo al comando. Più che in fuga per la vittoria, in fuga dalla vittoria. Questo è sembrato Gennaro Gattuso nella notte in cui il Milan ha buttato via una finale di coppa Italia. «Mi sento il capitano di questa barca e sono quello che ha più responsabilità di tutti», la risposta a chi gli chiedeva se si sentisse ancora legittimato ad essere l'allenatore dei rossoneri. Poi l'ammissione: «Se ho ancora la squadra in pugno? È normale che qualche domanda me la faccia». La sensazione, neanche tanto latente, è che il Milan stretto tra due partite di fondamentale importanza, la semifinale con la Lazio e la sfida Champions con il Torino, abbia in qualche modo dovuto scegliere. E i milioni dell'Europa nobile sono troppo importanti.

Ma la rivoluzione di coppa non ha pagato e soprattutto alimentato la paura di perdere il quarto posto. Perché la squadra è in caduta libera, innescata dalla sconfitta nel derby e dalla pausa delle nazionali. L'Inter campanello d'allarme di una condizione fisica in calando, la sosta non ha aiutato a ricaricare le pile, anzi ha sgonfiato ulteriormente le gomme: cinque punti in sei partite e il ko con la Lazio, dicono tutto. Fino a quando ha corso, Gattuso è riuscito a nascondere i limiti tecnici di un Milan, che se dovesse centrare il quarto posto, andrebbe oltre i propri limiti.

Dopo il vertice a caldo a San Siro, ieri Maldini e Leonardo hanno concesso il bis con Gattuso a Milanello. I dirigenti con il tecnico hanno cercato di capire come ricompattare una squadra, che soprattutto a livello mentale è come svuotata. È questo l'aspetto che più preoccupa Gattuso, anche più delle difficoltà a trovare la via del gol. Serve una scossa e questo gruppo spesso ha reagito alla grande nei momenti duri. Non è una questione di moduli, anche se contro la Lazio è mancato un uomo d'ordine a un centrocampo sempre in inferiorità numerica. Gattuso ha provato a rimescolare le carte in vista di cinque partite, da giocare senza Calabria (perone rotto) ma con Paquetà, che inevitabilmente indirizzeranno il futuro. Di società e squadra. Con la Champions si entrerebbe in un'altra dimensione, senza il ridimensionamento passerebbe dal sacrificio di uno-barra-due big della rosa.

Paradossale che il destino del tecnico, invece, possa essere slegato dal quarto posto. Perché Gattuso anche con la Champions potrebbe decidere di lasciare, anche se chi lo conosce bene giura che non lo farebbe mai. Ma pesa il feeling con la dirigenza, le voci su una differenza di vedute sostanziale con Leonardo. La soffiata della cena con Jorge Mendes, in tal senso, non aiuta. Smentita l'ipotesi Newcastle, non la fibrillazione attorno all'allenatore. Che non può e non deve essere l'unico colpevole. Dove finiscono i suoi errori, iniziano le colpe della società (sia americana che cinese) e della squadra.

Anche se Gattuso non lo dirà mai, da vero «capitano della barca». Nessuno lo potrà mai apostrofare come uno Schettino qualsiasi. Almeno questo. Anche perché nonostante le falle e marinai discutibili, la nave rossonera vede comunque il porto Champions.

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