Gattuso, uomo solo nel Diavolo allo sbando "Serve tranquillità, poi pensiamo al mercato"

E si fa coraggio: «Ho passato di peggio nella mia carriera di allenatore...»

Gattuso, uomo solo nel Diavolo allo sbando "Serve tranquillità, poi pensiamo al mercato"

Davide Pisoni

nostro inviato a Milanello

Un uomo solo al comando. Il popolo del Milan si aggrappa a Gennaro Gattuso nel giorno del raduno più surreale della storia rossonera. Una proprietà in balia degli eventi, un padrone che a questo punto non si sa chi sarà, una squadra attorno alla quale le voci di giocatori in uscita, in particolare dei big, sovrastano in lungo e in largo quelle dei possibili acquisti. Eppure a Milanello il popolo rossonero risponde presente anche se l'entusiasmo clamoroso di un anno fa ha lasciato il posto a una manifestazione d'orgoglio, con uno striscione eloquente: «Chiarezza sul futuro e rispetto per i tifosi» .

E il punto di riferimento in questo momento di pericoloso sbandamento può essere solo l'allenatore. Che non nasconde la testa sotto la sabbia e ammette: «Le difficoltà ci sono e ci sono state. Ma ho passato di peggio nella mia carriera di allenatore». Gattuso fa dell'onestà un valore imprescindibile e manda un messaggio inequivocabile ai tifosi che lo considerano l'unica garanzia del Milan in questo momento: «Sento questa cosa, avverto la pressione, ma mi piace. Anche se io da solo posso fare ben poco. Tifoso, allenatore... mi sento un po' tutto».

Impossibile fissare obiettivi perché «ci sono cose più importanti», in un momento del genere, in cui non si sa nemmeno se la squadra disputerà l'Europa League. Si torna sempre alla società e Gattuso dovrà riuscire anche a isolare la squadra dall'esterno, proteggerla dalle voci che nelle prossime ore, giorni, settimane potrebbero destabilizzare l'ambiente. «Il vero obiettivo primario è trovare la tranquillità societaria, senza di quella diventa difficile lavorare». Lo dice un instancabile ottimista come l'allenatore rossonero che non usa troppi giri di parole: «La società non ci ha mai fatto mancare nulla, però è anche vero che non avere un presidente a contatto tutti i giorni, qualche difficoltà la crea».

E tornare ad allenare il suo gruppo è la medicina migliore dopo cinquanta giorni in cui ammette che quando è rimasto da solo non è stato facile: «Scaricavo la batteria del telefono in lunghe telefonate con Mirabelli. Bisogna guardare al futuro. Partiamo da una buona base, ma qualcuno arriverà. C'è bisogno di rinforzi». Un'ala e un vice Kessiè, la richiesta.

Al suo fianco c'è il ds che annuisce, si trova d'accordo quando Gattuso specifica che «non dobbiamo prendere tanto per prendere». Rino scherza ma non troppo: «Siamo una coppia che si confronta, che si insulta in calabrese e adesso anche in inglese...». Il ds esclude che Suso possa andare all'Inter, Gattuso pensa solo a chi c'è: «Mi preoccupa essere credibile nel quotidiano. Devono rimanere come voglio io, devo entrargli dentro, pizzicargli l'orgoglio». Il primo ringhio è un messaggio alla squadra: «Le problematiche non devono essere un alibi, siamo qua per sudare e guardare avanti».

Guarda indietro solo quando gli dicono che dodici anni fa in questi giorni stava vincendo il Mondiale: «Sembra ne siano passati cento...». Molti di più se si guarda al Milan di questi giorni e a quello che nel 2007 saliva sul tetto d'Europa con Gattuso a correre in campo.

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