di Oscar Eleni
Luca Banchi, l'allenatore che ha dato il ventiseiesimo scudetto a Milano rimasta senza gloria per 18 anni, e Marco Crespi, il cavaliere pallido che ha portato la Siena diroccata oltre le mura di Alamo e delle Termopili cestistiche, questa mattina avrebbero volentieri messo i piedi nel Naviglio come i tanti tifosi dell'Olimpia che venerdì notte, di solito giorno infausto, festeggiavano davanti al maxischermo comunale la vittoria lontano dal Forum ribollente dove in nome della solita passione tutto veniva calpestato come sanno bene i cronisti della nera da stadio. Un dolore anche per i vincitori oltre che per i vinti. Non hanno potuto. Avevano promesso di essere relatori a San Patrignano nel clinic per allenatori dedicato a Giovanni Papini dove hanno incontrato il maestro Messina che andrà verso San Antonio dopo l'amarezza di Mosca.
Notte strana davvero per il capo apache grossetano che ha guidato Milano oltre la barriera dell'egoismo e dell'edonismo, rischiando il massimo perché, non dimentichiamolo, a 2' dalla fine il verdetto era ancora incerto, anche se gli arbitri avevano smesso d'intromettersi in qualsiasi battaglia fisica dove il soccombente era quello con meno ossigeno come si è visto nella caduta di Siena per il 74-67 che risolveva l'ordalia in favore dell'Emporio. Alba tragica, ma non tanto, per il cavaliere pallido, nato fra le giubbe rosse di Milano, che ha rifiutato la resa fino all'ultimo, chiedendo soltanto l'onore delle armi che nello sport si concede quando proprio non ne puoi fare a meno visto che la cavalleria, il senso dell'onore è stato già barattato con i diritti televisivi, della pubblicità del campione. Banchi e la sua "impresa", accidenti aveva di tutto e di più, Crespi e il suo maniero diroccato dove il principe era stato portato via in manette e giocatori confusi gli chiedevano soltanto ma perché stiamo ancora giocando? Lui si era inventato cose che giravano intorno alla parola dignità, possibilità di ingaggi futuri, ma non di certezze del momento, come del resto per tutta la squadra senese, dall'allenatore alla inimitabile Ylenia Girolami che nel suo fortino non ti avrebbe mai fatto mancare le cifre definitive come è accaduto al Forum dove, per misteri eleusini, si rompe sempre qualcosa che serve all'informazione anche se incassi 3 milioni di euro, anche se sei il più potente, ma non domini le fotocopiatrici.
Banchi deciderà se restare alla corte di chi ha preferito privilegiare le smanie dei campioni piuttosto che l'idea di valorizzare tutti come aveva dichiarato all'inizio del suo viaggio cominciato in birreria. Crespi e la squadra fantasma di Siena, a parte il vice Magro che allenerà a Omegna, nelle serie minori, ora è disoccupata. Succede a tanti. Ingiusto che quelli bravi debbano andare lontano per trovare lavoro. Ma Siena non c'è più. È fallita.
Diverso il discorso per la Milano che già pensa al domani, con sguardo sull'Europa sfuggita per poco in questa stagione, forse la cosa più grande fatta dall'Emporio. Intanto è stato preso con un biennale dalla nemica Cantù il Ragland che dovrebbe sistemare le cose in regia. Chi porta dodicimila persone al palazzo, chi ha fatto tanti esauriti e incassato tre milioni di euro, può permettersi di cercare quelli che ritiene i migliori per il suo progetto, lo fece l'anno scorso portando via a Siena la spina dorsale del gruppo, lo deve fare anche adesso che ha fatto a re Giorgio Armani il regalo più bello per i suoi 80 anni l'11 luglio, è la più potente, domina tutto, ha scelto i presidenti di Lega, comanda nel gioco delle parti, finge ancora di essere stupita perché vuole far passare per impresa, per titolo inaspettato, ma dai, questo 26° scudetto che chiude la famosa maledizione del Torchietto, la tana sul Naviglio non più aperta per il basket milanese.
Esce in trionfo il giovane capitan Fracassa,l'Alessandro Gentile che il presidente Proli vuole trattenere a Milano con un triennale da 800 mila euro, quello che prende Hackett, cercando di non farlo cadere nelle offerte che potrebbe fare la Nba con la squadra di Houston che ha preso da Minnesota i diritti sul suo prossimo contratto. Ci sono già progetti per la squadra di domani, basta che siano tutti d'accordo e vengano eliminati quelli che secondo Daniel Hackett seminano facilmente zizzania.
Settantasette partite, cinquantadue vinte, venticinque perse in una stagione piena di contraddizioni conclusa con un titolo che semplifica tutto ammesso che non vogliano sfilare in passerella anche quelli che non hanno fatto molto per conquistarlo.
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