Milano Appena esce da Casa Milan per salutarli, il centinaio di tifosi che lo aspettano sul piazzale intonano un «Giampaolo portaci in Champions». Ma il nuovo allenatore del Milan è un tipo pragmatico. Non vuole fare promesse, tanto meno proclami. Non è nel suo stile. Dopo una carriera fatta di sacrificio, scommesse, gioie e delusioni, vuole puntare al sodo in quella che per lui è senza dubbio l'avventura più importante della sua vita da allenatore. E allora, se lo slogan di Conte al suo esordio in nerazzurro è stato «testa bassa e pedalare», quello di Giampaolo sa già di derby: «Testa alta e giocare a calcio».
Uno slogan che sa di piano aziendale. Perché la mission di Giampaolo è quella di ottenere risultati tramite il bel gioco, quello che è diventato il suo marchio di fabbrica negli anni alla Sampdoria. Ma ora per lui è arrivato il momento di alzare l'asticella. Dopo essere stato pochi anni fa a un passo dalla Juventus, ora ecco il Milan. Lui che è stato la prima scelta di Maldini e Boban, per loro stessa ammissione. «Quando mi ha chiamato Paolo stavo salpando per la Croazia con gli amici... Ho preso il primo volo per Milano. Sono felicissimo e motivatissimo e penso di aver meritato questa chance. Ora devo meritarla sul campo». Facendo divertire i tifosi. «Però credo che non si possa giocare bene a calcio senza giocatori di qualità. Nessun allenatore può proporre un calcio apprezzabile senza qualità». Ma quella da sola non basta. Servono anche altre caratteristiche. «I risultati arrivano attraverso l'identità. Le grandi squadre devono avere un'identità e i tifosi del Milan devono avere questo senso di appartenenza. Mi piacciono i giocatori che si divertono a giocare a calcio. Non mi piacciono gli inaffidabili o quelli che gestiscono il loro mestiere in modo sbagliato».
Idee chiare e progetti concreti. Che hanno portato Giampaolo a essere stimato da tantissimi big, anche del passato rossonero. L'amicizia con Sarri, «ci vediamo spesso» e con Allegri «mi ha chiamato anche poco fa». Ma quando gli si fa notare che il suo primo estimatore è un totem rossonero come Arrigo Sacchi, lui sorride e si fa il segno della croce per deferenza. Poi torna serio. «Questa stima è impensabile per me, quando sei stimato aumentano le responsabilità perché non devi tradire la fiducia. Ma non ho paura». Nemmeno di cambiare idea. Il suo 4-3-1-2, dice, non è immutabile, prima vuole valutare i giocatori in rosa. Mentre sull'obiettivo da raggiungere, non si sbilancia. «L'obiettivo finale devo costruirlo step dopo step di lavoro quotidiano». L'unica cosa che chiede è tempo per lavorare sulla squadra e sulle idee. «Il tempo può essere mio alleato o mio nemico ma non si può prescindere da questo».
Non vuole parlare di mercato apertamente, delega l'argomento a Maldini e Boban. Su Donnarumma: «Chiesi la sua maglia tre anni fa, mi piace tantissimo». Su Suso: «Ha grande qualità». Su Praet e Veretout non si sbilancia ma fa capire sarebbero molto graditi.
Quello che conta è l'ambizione, per cui garantisce Boban: «La società è ambiziosa più di quanto crediate, altrimenti non sarei qui». Perché il nuovo corso targato Giampaolo per il Milan può avere solo un obiettivo. Il ritorno nell'Europa che conta. Anche se apertamente lo dicono solo i tifosi, lo pensano, lo sognano e lo vogliono tutti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.