Il 18 gennaio 1950 chi distribuiva il talento lassù in alto aveva fretta. Non ha perso tempo per decidere come assegnarlo e l'ha regalato tutto a due persone sole: Dino e Gilles. Meneghin e Villeneuve, uniti dallo stesso giorno di nascita, divisi da trentasei centimetri d'altezza, non si sono mai incontrati, non hanno mai frequentato lo stesso mondo, ma si sono certamente trovati vicini di casa nel cuore di qualche appassionato perché interpretavano i loro sport allo stesso modo: senza risparmiarsi mai. È difficile, anzi impossibile, immaginarsi Gilles Villeneuve a 70 anni. Non lo vedi nonno a suonare la tromba per i nipotini e a sfidarli ai video giochi. Gilles resterà sempre un ragazzo ribelle andatosene troppo presto da un mondo che stava entusiasmando con le sue folli imprese. Oggi lo squalificherebbero una gara sì e l'altra probabilmente pure. Non lo lascerebbero duellare ruota contro ruota con Arnoux a Digione, non gli permetterebbero di girare senza una gomma posteriore come a Zandvoort o con l'alettone anteriore piegato a coprirgli la visuale come in Canada. Non lascerebbero salire la febbre Villeneuve che pure ha avvicinato tanta gente alla Formula 1. No, oggi Gilles non potrebbe fare Gilles in un mondo in cui ogni rischio deve essere calcolato e possibilmente evitato. Ma Gilles era un puro come racconta sempre l'ingegner Forghieri, il tecnico che l'ha conosciuto meglio di tutti e che ripete sempre: «Gilles era una forza della natura, ma era un puro, non sarebbe mai diventato campione del mondo perché per lui esisteva solo la gara che stava facendo, anche a costo di morire».
Probabilmente Forghieri ha ragione, anche se in quel maledetto 1982 sarebbe bastato poco per diventare campione con la Ferrari. Senza la lite di Imola con il suo amico Pironi, senza la furia cieca che lo ha portato a morire a Zolder lui sarebbe ancora qui e la F1 sarebbe un po' diversa. Con Gilles in pista quel mondiale non sarebbe andato a Keke Rosberg e chissà se poi ci sarebbero stati Jacques e Nico, gli eredi Probabilmente sì. Jacques è cresciuto ai box, quando saliva in auto, in elicottero o in barca con papà gli gridava Più veloce papà, più veloce, come racconta qualche amico di Gilles. E Nico, beh Nico senza quel titolo di papà lo avrebbe inseguito comunque esattamente come ha fatto Jacques. Fa effetto pensare che Gilles sia entrato nel cuore vincendo solo sei gran premi sui 67 disputati tra il 1977 e il 1982. Suo figlio ne ha vinti 11 su 163 diventando campione in Formula 1 e in Formula Indy, ma non ha mai corso alla Gilles, anche se è sempre stato un ribelle, un avversario del sistema inteso come la Ferrari e Schumacher. Oggi Jacques è uno dei commentatori televisivi più sinceri e apprezzati. Sarebbe stato forte avere in cabina lui e papà. Gilles senza Zolder avrebbe però probabilmente trovato un Tamburello. Rischiava in pista, in autostrada, in mare e in cielo. Più di uno dei suoi colleghi si rifiutava di salire sul suo elicottero.
Se smetto di rischiare anche nelle ore libere, significa che devo smettere di correre, disse un giorno al suo amico Antonio Giacobazzi. Gilles era così. Per questo è impossibile immaginarselo a 70 anni. Come è impossibile non averlo nel cuore.
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