Il numero di Zakarin. Il russo della Katusha, vincitore del Giro di Romandia, dà un segno della sua esistenza al Giro d'Italia nella dodicesima tappa dopo un avvio piuttosto anonimo per un ciclista, giovane (25 anni), che alla vigilia era accreditato di qualche chance per un posto tra i migliori in classifica generale. Invece dopo un approccio soft si è rivelato in tutta la sua classe nella giornata con arrivo dentro l'autodromo di Imola ma caratterizzata da nove strappetti insidiosissimi e da altrettanti discese rese viscide dalla pioggia battente. Fuga doveva essere e fuga è stata. A decidere l'acuto di Zakarin sulla salita dei Tre Monti, al penultimo passaggio, quando mancano 20 km all'arrivo. Il russo accelera. Hesjedal, uno dei più attivi fin lì (anche perché il canadese è in cerca di qualche minuto per riportarsi in alto in classifica generale e ha tutto l'interesse che il tentativo vada in porto), pensa di seguirlo, ma poi desiste e chiede aiuto. Gli altri scuotono il testone. Non lo prenderanno più. Il gruppetto viene regolato da Betancur e Pellizotti.
Tra i big, dopo le polemiche per i due minuti di penalità dati a Porte nel finale della tappa di ieri, tutto tranquillo, o quasi. Ancora sfortuna per Rigoberto Uran, che finisce per terra al penultimo passaggio nell'autodromo. Scivolata, con sbucciatura alla spalla, e qualche chilometri di affannoso inseguimento al gruppo dei migliori, completato proprio all'inizio dell'ultima ascesa. Poi, proprio sui Tre Monti, bottarella di Contador alla concorrenza. Aru risponde subito, Porte con qualche attimo di ritardo. Ma è un'azione dimostrativa, fatta probabilmente anche per prendere in testa la discesa. Domani non si scherza.
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