D etto a Donnarumma: dopo il contento, vien il tormento. E mercoledì sera se n'è accorto. Però lui è stato intelligente, molto più dei suoi contestatori muniti di tanta pancia e poca testa: li ha ignorati. Anche ieri sui social. Qualcuno, almeno stavolta, lo ha indirizzato per il meglio. O forse gli ha ricordato quel che ci si tramanda da Tacito, e pensatori assortiti, in poi: tradimento piace assai, traditor non piacque mai.
Però qui entra in gioco il distinguo per teste pensanti: fischiare il portiere che ha tradito i sentimenti, solo quelli perché trattasi di professionista che può fare scelte professionali, è lecito. Fischiarlo con la maglia della nazionale non è antisportivo: è contro l'intelligenza. Fors'anche contro l'amor patrio calcistico nel caso specifico. Ovvero se destabilizzi mentalmente (e il fischio può riuscirci) il portiere della tua squadra, poi non lamentarti se prende gol da fesso. Quello che fischi non è il portiere del Milan, ma il portiere della nazionale: lo stesso che hai osannato per parate decisive in momenti difficili.
Non si può astrarsi da questo distinguo, non si può confondere il cuore con il cervello, non si può mistificare per il gusto di una (momentanea) insana vendetta. Come ha scritto l'ottimo Damascelli: «Il distanziamento è mentale: tra chi ama il football e invece gentaglia riconoscibile eppur mai riconosciuta». I fischi di San Siro, che fossero rivolti al portiere degli azzurri o all'inno della Spagna, hanno avuto, e avranno sempre, il sapore della beceraggine. Per assurdo, si possono ammettere turbolenze pre partita: solo fischi, non altro, se proprio il milanista è così basso nei sentimenti ma non lo crediamo. Leggiamo pure striscioni inquietanti: magari ci pensi poi la polizia.
Ma quando fischia l'arbitro: basta. Gioca la nazionale. O quei fischi erano contro la nazionale? Ci siamo sentiti dire che bisogna avere cuore milanista per capire: se ne sono andati in tanti e il Milan esiste ancora. Donnarumma aveva promesso...
E quanti sono i mentitori nel calcio? C'è un Dizionario della stupidità che scrive alla voce tifo: «Il tifo calcistico è antisportivo per definizione,
perché incita a tifare non per il migliore in campo ma per la propria squadra e a disprezzare l'avversario». Poi c'è il tifo di San Siro l'altra sera. Caro Chiellini, non c'è da vergognarsi solo per il razzismo da stadio.
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