Calcio

Guardiola, re di Premier obbligato a cancellare l'ossessione del ManCity

Ultima vittoria in Champions col Barça 2011. E due anni fa il ko nel derby con il Chelsea

Guardiola, re di Premier obbligato a cancellare l'ossessione del ManCity

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di Riccardo Signori

Stavolta Guardiola si gioca la reputazione. Lui, giochista per definizione, stasera se la giocherà sulla fama sua. Non c'è alternativa per il mago dei tecnici, che ha vinto 34 trofei in carriera ma solo due Champions: l'ultima nel 2011 con il Barcellona quando aveva Messi nel motore. E questa fastidiosa insinuazione («Non hai più il fenomeno») sta inseguendo il Pep da qualche tempo. Storia ingrata, ma cronaca vera. Guardiola entrerà in campo con le solite farfalle nello stomaco. «Ci sono sempre, si muovono, prima della partita ancora di più. Pur se mi dico che si tratta solo di una sfida di calcio», ha raccontato ieri attorniato da mille occhi e milioni di pensieri. Pareva sentir risuonare quel ritornello che i napoletani, un po' stufi, dedicarono a Ottavio Bianchi. «Te ne vai o no? Te ne vai si o no?». Qui suonava leggermente diverso: «La vinci o no? La vinci si o no?». E Guardiola, che conosce le trappole del pallone, ha aggirato l'ostacolo. «Se vinciamo saremo la prima squadra d'Europa. Se perdiamo la seconda, che comunque non è male».

Da sette anni guida il ManCity, ha vinto e stravinto in Premier. Ma la Champions no. Il Chelsea lo ha azzoppato due anni fa quando la legge del calcio chiamava un successo. Stavolta rischia di più: l'Inter si è vestita da cenerentola, Inzaghi è un allievo non un professore. Guardiola tiene in panchina Alvarez, il centravanti campione del mondo con l'Argentina, mentre Lautaro, panchinaro di Alvarez, è titolare dell'Inter: basterebbe per far la differenza. In fondo cosa manca al Pep? De Bruyne è il centrocampista più invidiato nell'orbe calcistico. Haaland è considerato il centravanti Top del mondo. E non si può dire che la buona stella abbia cattivi sentimenti nei confronti del tecnico. Perderla così, perderla anche stavolta, sarebbe non più un'ossessione bensì un incubo.

Racconta il nostro che «la Champions è un sogno. Ma anche ossessione è una parola positiva». Allora meglio evitare di mordersi la lingua. Dice la storia che il City soffre le squadre che giocano con il modulo Inter: il Brentford, regolato sul 3-5-2, lo ha battuto due volte. Ma quest'anno il Manchester ha subìto solo due sconfitte ed in Champions ha suonato tutti con caterve di gol. Eppure Guardiola teme l'attacco interista, quest'anno non sempre a piede dritto. «L'Inter è abituata non solo a difendere. Produce livelli di gioco molto alto, ottimo possesso palla. Dobbiamo farli soffrire. Onana è fondamentale, Bastoni eccezionale, Lautaro speciale». La furbizia di Pep incensa, per poi lasciare i sogni agli altri. Ma con la Champions sono sogni anche per lui. Lui ha l'obbligo di vincere, non tanto l'Inter o il City. Prevede: «Dovremo difendere il meglio possibile e attaccare creando problemi». Il pensiero corre ad Haaland, a secco da 4 partite. Potrebbe essere la volta buona.

Anche se, nella lunga serie di gol decisivi in Champions, l'ultimo non decisivo lo segnò con il Borussia Dortmund e perse 3-1: contro la Lazio allenata da Inzaghi. Attenti al lupo!

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