Un'infanzia dura ma non difficile. Perché a Nairo Quintana non gli piace affatto passare per quello che non è: il poveretto che non aveva di che mangiare «perché io ho sempre vissuto dignitosamente: non mi è mai mancato niente», racconta con quel suo volto da sfinge cotto dal sole, che non tradisce emozioni nemmeno nel momento della celebrazione per la vittoria del suo primo Grande Giro: il Giro d'Italia.
Nairo Quintana racconta la sua storia, con apparente leggerezza, lui abituato ad azionare sulle pendenze più aspre del mondo solo lunghi rapporti. «Facevo il taxista con mio fratello più grande. Guidavamo di notte, perché minorenni e non avevamo la patente. Non abbiamo mai vissuto nell'agio. I soldi erano quelli che erano, ma non c'è mai mancato niente».
Nairo Quintana è una sfinge. Il suo volto color del cuoio e inespressivo. Da neonato ha patito «el tentado del difunto», il male del morto, perché nella credenza popolare, verrebbe trasmesso alle donne incinte e ai neonati da chi è stato vicino a un defunto. Dolori in tutto il corpo, debilitato dalla dissenteria. Dopo mesi si è salvato con erbe degli antichi Muiscas: un infuso di 9 radici e tuberi. «Non mi ricordo niente, ma mia mamma me lo racconta spessissimo».
L'uomo che regala il primo Grande Giro alla Colombia ama riparare auto vecchie. «È una passione che mi ha tramandato mio padre - racconta -. Ma amo anche la vita nei campi, quel senso pieno di libertà. La mia terra è il posto più bello e più semplice al mondo». La maglia rosa conquistata in una tappa da tregenda, che sarà però per sempre ricordata per le polemiche sulla discesa del Passo dello Stelvio. «Ma io non sapevo nulla, ho fatto la mia corsa, e penso che tutti me l'abbiano poi riconosciuto», dice la maglia rosa. «Nonostante tutto, quelle polemiche mi sono servite per dimostrare a tutti che ero il più forte. La vittoria a Cima Grappa aveva anche quella funzione: mettere in chiaro tutto».
Arriva dalla Colombia, Nairo Quintana, e ha 24 anni. Dopo il secondo posto al Tour de France dello scorso anno, vince il Giro d'Italia. Era il grande favorito della vigilia e alla fine è lui a portare a Trieste la maglia rosa. Quintana è uno scalatore puro, che ama però azionare anche lunghi rapporti.
Sono solo due anni che gareggia in Europa. Firma con la Movistar, la formazione di Juan Carlos Unzue, il tecnico che fu al fianco anche di Miguel Indurain. Il suo primo impiego è solo quello di imparare il mestiere e aiutare i compagni, ma ben presto loro - i compagni - capiscono che il ragazzo di Colombia ha una marcia in più.
«Avevo 15 anni quando mio padre Luis mi regalò la prima bicicletta. Era pesantissima, e mi serviva per andare da Tunya, casa mia, 2800 metri sul livello del mare, a scuola. All'andata 16 chilometri in discesa, al ritorno tutti in salita.
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