Harakiri da Champions Milan tra casa stregata e il mercato-rimpianto

I flop rossoneri: solo 30 punti a Milano, Ibra infortunato e Mandzukic non all'altezza

Harakiri da Champions Milan tra casa stregata e il mercato-rimpianto

Dall'entusiasmo alla disperazione più cupa. È il calcio, bellezza verrebbe da chiosare. E così il mondo Milan, all'improvviso, e al culmine della sfida col Cagliari finita con uno striminzito zero in condotta e in fatto di gol, si è capovolto. Invece di tornare a riveder le stelle, con la Champions alla portata in caso di successo, ecco il buio del probabile quinto posto che vuol dire Europa League. Fine della favola e inizio del dramma collettivo con alcuni tifosi che sui social arrivano addirittura a scrivere «mi sento peggio che dopo Istanbul». Tutta colpa dell'ennesimo pareggio domestico che è figlio di primo letto dell'impotenza denunciata dal Milan di quest'anno, capace di viaggiare col vento in poppa (46 punti rastrellati nelle 18 trasferte fin qui disputate) e di restare invece a secco nelle sfide di San Siro (30 punti collezionati) e in particolare soli 3 successi (contro Crotone, Genoa e Benevento) durante il girone di ritorno che è stato il punto critico di caduta del rendimento seguito a una cavalcata rimasta senza sprint finale. La spiegazione è abbastanza semplice e ha due cognomi: Ibra e Mandzukic.

Che il gigante svedese, alla sua età, non potesse garantire la copertura dell'intera stagione, tra l'altro scandita dall'ingorgo di date, infortuni e ko per Covid-19, era calcolo risaputo a tutti. Quando la sua assenza è stata saltuaria, il gruppo squadra è riuscito a colmare le lacune e ad esaltare le prove di altri, trovando energie e risorse capaci di rimpiazzare Zlatan. Appena l'assenza è diventata seriale (un girone intero addirittura), è mancato il sostituto. Qualche volta Rebic, qualche volta Calhanoglu, qualche volta Theo Hernandez hanno tappato le falle. Ma il vice Ibra, tesserato a gennaio con un'apertura di credito eccessiva («mi sono allenato» così si presentò Mario dopo due anni di inattività documentata), non c'è mai stato. E dal mercato di gennaio (Meitè, ndr) non è arrivato - a eccezione di Tomori - quel contributo che poteva risultare decisivo.

Adesso la Champions è una chimera anche perché all'Atalanta fanno gola i milioni (10 in tutto) incassati grazie al possibile secondo posto. La prima reazione del Milan arrivata ieri con una riunione del management al completo (presente l'ad Gazidis e l'azionista Gordon Singer) è stata sorprendente: i programmi non cambiano, hanno fatto sapere. A budget, non c'era la Champions e perciò i numeri non stravolgeranno i piani. Piuttosto sarà importante la ricaduta sui programmi tecnici della prossima stagione. Con Pioli in panchina possono risultare diversi i destini dei contratti scaduti (Donnarumma e Calhanoglu), non quelli in scadenza (Kessiè e Calabria) e le disponibilità di mercato (Tomori un riscatto che pesa).

Anche il giudizio sul mercato complessivo può subire qualche riflessione diversa perché Leao non è mai sbocciato, Tonali non si è visto, Castillejo ha fatto passi indietro e Rebic ha alternato stoccate vincenti a mortificanti silenzi per non parlare di Hauge, Krunic, tutti di modesto spessore.

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