Iannone, che batosta. Dal Tas un "fine corsa": quattro anni per doping

Per il pilota 31enne carriera virtualmente chiusa. "Ma non mi arrendo tornerò a correre in moto"

Iannone, che batosta. Dal Tas un "fine corsa": quattro anni per doping

«La vicenda doping è un incubo, Non riesco neppure ad immaginare un futuro senza moto», aveva dichiarato Andrea Iannone lo scorso ottobre, alla viglia del processo d'appello al TAS di Losanna. «Tornerò in pista più forte di prima». Supportato da un pool di grandi professionisti come il Professor Salomone, un luminare nella lotta al doping, e l'avvocato Antonio De Rensis, il 31enne pilota di Vasto aveva prodotto un dossier completo di dati scientifici che facevano sperare nella vittoria. Niente era stato lasciato al caso, a partire dall'esame del capello, fatto il 9 gennaio, dopo aver ricevuto il 17 dicembre scorso la notifica della positività al test antidoping effettuato il 3 novembre a Sepang.

Iannone ci credeva e non aveva mai smesso di allenarsi: bici, palestra, corsa con un unico obiettivo, un'ossessione: urlare al mondo la sua innocenza. Dimostrare in pista e fuori chi è Andrea Iannone: uno tosto, istintivo, un talento naturale ossessionato dai dettagli, tanto da guadagnarsi il soprannome di the maniac. Bello e dannato. Andrea aveva riportato il glamour in MotoGP che mancava dai tempi di Max Biaggi, protagonista di avventure con Naomi Campbell e Anna Falchi. Iannone amava esibire la sua Belen, suscitando l'invidia degli avversari. A chi l'accusava di essersi fatto distrarre dallo show business, rispondeva con indifferenza che poteva essere scambiata con sbruffoneria. Amante della velocità e delle sfide, Andrea era pronto a tornare in pista in sella all'Aprilia, la Casa di Noale rimasta sempre a suo fianco.

Ieri la sentenza che decreta l'addio alla carriera da pilota: 4 anni di sospensione per aver assunto sostanze dopanti (drostanolone). Il Tas conferma così la precedente decisione presa dalla Federazione internazionale di motociclismo, accogliendo la richiesta della Wada, l'agenzia antidoping.

«Oggi ho subito la più grande ingiustizia che potessi ricevere. Mi hanno strappato il cuore separandomi dal mio grande amore. Le motivazioni sono prive di senso e con dati di fatto sbagliati. Per questo ci sarà luogo e tempi opportuni... Perché di certo non mi arrendo. Sapevo di affrontare i poteri forti, ma speravo nell'onestà intellettuale e nell'affermazione della giustizia. In questo momento soffro, ma chi ha cercato di distruggere la mia vita, presto capirà di quanta forza ho nel cuore: la forza dell'innocenza e la coscienza pulita. Una sentenza può modificare gli eventi, ma non l'uomo», ha commentato Andrea sui social. Tra le righe l'accusa che si tratti di una decisione politica per evitare che il caso Iannone, riconosciuta l'assenza di dolo e intenzionalità, possa rappresentare un precedente per casi di atleti di federazioni come il ciclismo o l'atletica. Come per il pilota, è un duro colpo anche per l'Aprilia, che gli aveva riservato una moto.

Con Bradely Smith sotto contratto, adesso l'ad Massimo Rivola sta parlando con Andrea Dovizioso, anche se più intenzionato a fermarsi per un anno, e Jorge Lorenzo, una situazione più difficile, ma non impossibile, e che non ripaga comunque la convinzione di aver subito una grande ingiustizia.

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