nostro inviato ad Appiano G.
Le previsioni meteo non sono sempre perfettamente attendibili. E questa volta pare abbiano sbagliato. Il ciclone Antonio è stato ridotto a fresco venticello di fine estate che porta novità ma che non travolge tutto e tutti. Almeno nella parte visibile al mondo esterno, quella che rimane fuori dallo spogliatoio. Niente parole dirompenti, niente pugni sul tavolo. Basso profilo, frasi di circostanza e poche concessioni. È un Conte mascherato quello che si presenta alla prima vigilia di campionato.
Forse una prudenza dettata dall'esperienza, forse dalla serenità e della consapevolezza di essere al posto giusto nel momento giusto. Chissà. Fatto sta che le concessioni alla sequela di frasi fatte che infarciscono qualunque vigilia di campionato sono davvero pochine, specie per uno come lui. Cose tipo «I ragazzi si stanno impegnando molto» oppure «Vogliamo vincere» o ancora «Sono contento di essere qui» altro non sono che il consueto bla bla prestampato che si può benissimo copincollare per qualunque allenatore in sede di conferenza stampa. Uniche divagazioni del Conte interista contenute in due frasi che rivelano il vero dna dell'allenatore salentino. «C'è un gap nei confronti di due squadre che è molto importante e sono Juventus e Napoli. Come ho sempre detto io non posso mettere limiti ma la rincorsa è iniziata». E questo può considerarsi il manifesto del Conte all'Inter. La consapevolezza di partire dietro in griglia ma la fame e la voglia di recuperare posizioni durante la corsa. «Empatia? Non l'ho mai cercata, ma c'è sempre stata. Sono questo, nel bene e nel male. Durante la partita, negli allenamenti e in conferenza. Non c'è niente di studiato. Non vado a cercare la simpatia del tifoso. Quando sposo una causa, mi tuffo totalmente in quella causa». E questo è un manifesto dell'allenatore in sé, una conferma di quello che è sempre stato e anche di quello che sarà.
Tolto questo, a ben vedere, le differenze con il corso appena concluso non sono state poi tante. Va bene, Conte si è presentato in conferenza stampa alle 14 spaccate come da programma mentre Spalletti spesso se la prendeva più comoda. Differente anche l'approccio alle risposte. Diretto ed esplicito Conte, pur nella sua novella strategia di non esporsi più di tanto, molto più metaforico e lungo nell'eloquio l'allenatore toscano le cui conferenze spesso sfociavano nel monologo, con tanto di riflessioni e metafore al limite del filosofico.
Spalletti però il suo obiettivo lo ha raggiunto: Champions League doveva essere e Champions League è stata.
Ora tocca a Conte, ingaggiato invece per riportare l'Inter a vincere qualcosa. L'alibi della prima con la nuova squadra regge. Tempo al tempo e getterà la maschera. L'allerta meteo è stato diramato. L'uragano Conte, prima o poi, arriverà.
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