
L'Inter di Chivu ha ereditato non solo gioco e giocatori da quella di Inzaghi, ma anche il principale difetto, che nella scorsa stagione già le è costato lo scudetto. Il veleno sta nella coda e come il laziale Pedro ha rimontato i nerazzurri nel finale del fatale 2-2 di San Siro, così in una sola settimana, l'Inter si è fatta prima sorpassare in volata dalla Juventus e poi quasi acciuffare dal Sassuolo. Da un rotondo e semplice 2-0 a un 2-1 salvato al fotofinish da due parate di Pep Martinez, da domenica un po' meno vice del titolare Yan Sommer. "Con loro sono stato chiaro fin dall'inizio: Sommer resta il numero 1, ma quest'anno Martinez giocherà molte partite, perché dobbiamo capire quanto vale", l'annuncio di Chivu che vale mezza investitura.
Un difetto, quello di farsi rimontare, che va oltre la statistica: lo scorso anno capitò già a Genova, nella prima giornata ed è proseguito lungo tutta la stagione, compresa la sfida scudetto a Napoli (pari di Billing) o il derby di Supercoppa contro il Milan (sorpasso Pulisic-Abraham e ciao coppa), per non dire di Conceicao jr a Torino e di Orsolini a Bologna. Una squadra vecchia e quindi che si stanca prima degli avversari o una squadra preparata male che non regge fino in fondo alle partite erano gli assunti semplici e un po' sempliciotti con cui si è cercato di dare una spiegazione a un dato oggettivo. Che però male s'incastrava con l'1-2 in casa del Bayern o il 4-3 di San Siro al Barcellona, che resterà nella storia nerazzurra anche se poi ci sono stati Monaco e il PSG.
E allora forse il problema sta altrove. Nella presunzione di chi non sa chiudere le partite e nella distrazione di chi permette agli avversari di riaprirle.
L'Inter che riparte avrebbe avuto bisogno di una rivoluzione, che però la proprietà non si è concessa. L'organico è stato rattoppato con riserve migliori di quelle precedenti ma non ancora più brave dei titolari. Se lo diventeranno, anche il difetto sarà spazzato via.