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"Io, Ironman mondiale grazie alla testa, al corpo e a un bicchiere di vino"

A 38 anni è il primo italiano che trionfa nella massacrante competizione in cui si nuota per 3,9 km, si pedala per 180 e poi si corre una maratona

"Io, Ironman mondiale grazie alla testa, al corpo e a un bicchiere di vino"

Milano Era un po' una fissa. Perché chi fa l'Ironman un po' «fissato» dev'essere, altrimenti non si spiega come si fa a nuotare per 3,9 chilometri in mare, pedalare per 180 chilometri su una bici e poi alla fine correre anche una maratona. Ma Daniel Fontana, 38 anni, azzurro della Dds di Settimo milanese, già due olimpiadi alle spalle e vicecampione del mondo distanza del «mezzo» Ironman ci teneva ad essere il primo italiano a vincere una gara del circuito mondiale. E così è stato. In Messico si è messo dietro i migliori nell'Ironman di Los Cabos. Gara perfetta, un vero capolavoro che ora lo proietta nella storia di questo sport inventato da tre marines americani 30 anni fa e verso la finale del campionato del mondo di ottobre a Kona, nelle Hawaii.

Si è tolto un peso?

«Più o meno. Diciamo che per ora ho chiuso un cerchio anche se poi non è esattamente così perché fra qualche settimana bisognerà cominciare a pensare ai prossimi obbiettivi...».

Cioè alle spiagge delle Hawaii?

«Non solo. Prima correrò il Challenge di Rimini che è una gara che mi piace moltissimo. Lo scorso anno sono arrivato secondo e quest'anno vorrei vincere».

Però le Hawaii sono un'altra cosa...

«L'Ironman di Kona è il campionato del mondo dove ci arrivano i migliori, quelli che durante l'anno raggiungono la qualificazione. Ma è soprattutto una gara mistica. Là è cominciata la leggenda di questo sport ed è tutto magico. Già dieci giorni prima del via si capisce cosa sta per succedere, per molti è il sogno della vita. E poi è una sfida durissima perché c'è vento, caldo ma soprattutto tantissima umidità. È una zona vulcanica e l'asfalto si scioglie sotto i piedi. C'è poi il tratto del laboratorio di ricerche naturali che passa sotto il livello del mare. Non tira un filo d'aria: lì si muore...».

Diamo allora che Kona è la gara più dura mentre gli altri Ironman in giro per il mondo sono una passeggiata di salute...

«Non direi... Però arrivano in tanti al traguardo non solo i campioni. Bisogna allenarsi ma è soprattutto un fatto di testa, di convinzione».

C'è un segreto per sopportare tanta fatica?

«No. Ma l'importante è non strafare. Bisogna essere capaci di gestire le proprie forze e il proprio corpo. In otto e più ore di gara arriva sempre il momento di crisi, anche più di uno. Lì ti sembra tutto nero e quello è il momento in cui la tua testa ti deve dare una mano...

E allora uno cosa fa, pensa ad altro? Si gode il panorama della Hawaii per qualche minuto e poi riprende?

«In un Ironman si resta per tutto il tempo con la testa sulla gara. Se uno stacca con la mente è la fine».

D'accordo la testa ma c'è anche la parte fisica, come si prepara un atleta a una gara così lunga?

«Ovvio che ci si deve allenare. Ma chi arriva ad iscriversi a un Ironman è perché ha già corso gare di fatica, un triathlon e magari un mezzo Ironman. Questo è un punto di arrivo».

Nessuno che ci prova?

«Negli Stati Uniti qualcuno sì. Hanno un'altra cultura sportiva. Spesso c'è più gente al traguardo ad applaudire chi arriva in 17 ore che non i vincitori».

Lei quanto si allena?

«Mi alleno molto. Nuoto all'alba poi bici o corsa. Spesso con i tecnici della DDs e la squadra facciamo training completi sui laghi per simulare le gare. Prima di Los Cabos mi sono allenato in Toscana, a Bolgheri».

Riassumendo: per fare un Ironman servono tanta testa, tanto allenamento e nessun vizio...

«Vizi pochi...».

Cosa mangia per non trovarsi a metà strada col serbatoio vuoto...

«La mie dieta è molto bilanciata. Chi fa questo sport deve usare i grassi come combustibile. Quindi cerco di abbinare cibi come pasta, carne bianca e verdure a basso indice glicemico. Prima del via colazione con avena, noci, acqua e gel energetici. Poi durante la corsa barrette: mangio spesso, ogni 20 minuti anche se poi arriva un momento in cui il tuo stomaco dice stop. Ovvio che si beve moltissimo: almeno 10 litri d'acqua e sali.

E alla fine una birra come Cancellara dopo il Giro delle Fiandre...

«No, neanche quella... ma perché non mi piace.

Preferisco un buon bicchiere di vino rosso».

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