Jannik messo ko dal caldo ma il colpo di sole è di chi organizza

Sinner, per capire la follia del calendario, oggi avrebbe dovuto essere a New York per giocare il doppio dello Us Open

Jannik messo ko dal caldo ma il colpo di sole è di chi organizza
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Chiunque segua il tennis sa che Sinner si è ritirato per il caldo, mica per la torta di compleanno o altre scemenze scagliate nella gara a chi la spara più grossa. Cioè, ricapitoliamo: si organizzano dei controlli antidoping da Kgb con le vite degli atleti che vengono discusse per tracce di pomata sui polpastrelli (altrui) ma si permette che dei ragazzini giochino in condizioni disumane; la purezza chimica è il dogma, la salute vera (colpi di calore, disidratazioni, rischi cardiaci) è ridotta a variabile secondaria. Sarebbero, nel caso, trentacinque gradi con ottantacinque per cento di umidità: il giorno prima anche Zverev aveva mollato, e in tutto, da Cincinnati, si sono ritirati in otto. Solo un africano (o un murgiano come Alcaraz) può non avere problemi. Lo stesso Sinner ha detto che è stato il torneo più caldo che ha mai giocato: dieci minuti prima di entrare era stato in una player lounge con l'aria condizionata tipo Lapponia, e poi, subito dopo, eccolo in un forno umido con la gente che sveniva (letteralmente) sugli spalti. Il torneo è durato due settimane perché il Masters di Cincinnati è stato "upgradato" a dodici giorni, questo per moltiplicare incassi, sponsor e biglietti. Sinner, per capire la follia del calendario, oggi avrebbe dovuto essere a New York per giocare il doppio dello Us Open.

Fosse un caso particolare, il suo. Ma a Melbourne (Australian Open 2014) Djokovic e Murray si trascinarono in semifinale a quaranta gradi coi medici a bordo campo. Nel 2018 fu Monfils a collassare per un colpo di calore, mentre agli Us Open dello stesso anno Federer sembrava un vecchio ansimante: "Non riuscivo a muovermi, mi mancava l'aria". A Tokyo 2021, alle Olimpiadi, Medvedev sbottò con l'arbitro: "Posso finire la partita, ma posso anche morire". Ieri Paolo Bertolucci ha detto, come è vero, che anche i giocatori hanno colpe: accettano dei tornei più lunghi e delle finali alle tre del pomeriggio per sempre più soldi e sempre meno buonsenso. Ma l'esito rischia di essere uno spettacolo falsato, una fiera di asciugamani bagnati, crampi e vomiti e ritiri. Non vince il più forte, vince chi resiste.

È una gara di sopravvivenza. Oggi il tennis rischia di perdere credibilità non per le siringhe, ma per il sole. "Serve un tavolo, Sos tennis" ha scritto Bertolucci. Purché ai tavoli non seggano sempre e solo quelli che incassano.

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