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Juve, caos in campo e in società. Comolli teme l'ombra di Chiellini e va contro la storia del club

Non solo il ko di Napoli. Malumori per l'atteggiamento dell'ad francese voluto da Elkann. Servirebbe Del Piero

Juve, caos in campo e in società. Comolli teme l'ombra di Chiellini e va contro la storia del club
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La Juventus è settima in classifica, a otto punti dal primo posto. È a rischio di eliminazione in champions league. Ma, come disse, nel film, Igor a Frankestein jr, mentre dissotterravano una salma al cimitero, potrebbe essere peggio, potrebbe piovere. Al diluvio sta provvedendo monsieur Damien Comolli, l'algoritmico Ceo del club bianconero, nominato da John Elkann. Resta un mistero buffo il motivo che ha spinto l'amministratore delegato di Exor a scegliere questo personaggio che si comporta in modo sgarbato nei confronti di altri componenti del consiglio di amministrazione e del personale della Juventus. L'atteggiamento del francese è un tam tam fastidioso all'interno della società e si va ad aggiungere alla sua totale incompetenza calcistica, confermata dal curriculum professionale, non certamente proprio di un manager al quale è stato assegnato un gruppo e la storia di Juventus. Comolli non ha ancora scelto un direttore sportivo, ha compiuto scellerate operazioni di mercato che hanno ulteriormente intossicato un bilancio, tecnico di organico e poi contabile, devastato dalle precedenti gestioni. Non frequenta ancora la lingua italiana, ne fa un vanto provinciale, teme l'ombra di figure che appartengono alla storia bianconera, Giorgio Chiellini fra questi, personalità che, negli incontri internazionali vengono riconosciute ed apprezzate; ha voluto al proprio fianco un altro francese, Modesto, anomimo e ininfluente, altri del suo cerchio sta cercando, ha licenziato Tudor, a lui sconosciuto se non per un trascorso marsigliese ma non per il passato juventino, nulla sapeva di Spalletti che però ha assunto, dopo avere contattato e trattato come un debuttante, Gasperini, il quale ha infine scelto la Roma. Sto parlando del capo della Juventus, non di un impiegato del club, è lo stato dell'essere di una società quotata in Borsa, di una squadra con oltre dodici milioni di tifosi, di un club ancora di proprietà di un membro della famiglia Agnelli. Costui, John Elkann, sta trattando la vendita del gruppo editoriale Gedi, là dove era passato un altro Ad della Juventus, Scanavino poi messo a riposo; lo stesso Elkann ha ribadito l'intenzione di non abbandonare Juventus ma di essere disponibile all'ingresso di investitori, a testimonianza che per lui la tradizione di famiglia è un alibi da spacciare ai tifosi. Servirebbe un nuovo dirigente, di grande personalità, di astuzia e di cinica diplomazia, l'identikit è chiaro: Alessandro Del Piero, dinanzi al quale Comolli sarebbe costretto alle dimissioni o ad accettare un ridimensionamento. L'ipotesi suggestiva non è però percorribile, John Elkann non accetterebbe due juventini veri, come Chiellini e Del Piero, ex capitani, a dirigere club e squadra, metterebbero in secondo piano gli attuali dirigenti, come avviene in Ferrari, dove un altro francese dirige una scuderia con i risultati più deludenti dell'ultimo ventennio, senza tuttavia essere messo in discussione. Tutto questo serve a spiegare non tanto la sconfitta contro i campioni d'Italia del Napoli (fatto che avviene da sette anni) ma l'immagine, la sensazione, la percezione che Juventus sta offrendo, da tempo, sui campi di gioco. A ciò si aggiunga lo sconforto di Luciano Spalletti la cui professionalità è indiscutibile, il certaldese sta scivolando nel suo storico lessico avvitato, in una situazione nebulosa, con scelte discutibili che lo hanno addirittura portato a spiegare, in modo inopportuno, l'utilizzo di Openda, perché pagato 45-50 milioni! Trascinare l'equivoco, non certamente quello dell'allenatore, è un rischio che Juventus non può permettersi.

Elkann si informi e intervenga, faccia qualcosa di bianconero. I francesi che hanno fatto grande la Juventus sono stati Platini, Zidane, Deschamps, Thuram, Trezeguet, Evra, Pogba. Dopo di loro, come dissero il compatriota Luigi XV e Igor, il diluvio.

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