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Juventus? No, un gruppo Allegri: «Ci siamo contagiati a vicenda»

Il tecnico rivela il segreto del muro di Barcellona Marotta: «Ci ha ridato la mentalità vincente»

Davide Pisoni

nostro inviato a Barcellona

Signora Squadra, rigorosamente con la esse maiuscola. È quella che consegna la notte del Camp Nou all'Europa. La Juventus che vola in semifinale di Champions League eliminando il Barcellona è la pura esaltazione del gruppo che viene anteposto a qualsiasi interesse personale. Il fine giustifica il mezzo può essere la base su cui si potrebbe fondare un patto nello spogliatoio. C'è una clamorosa unione di intenti che porta Mandzukic a sfiancarsi sulla fascia, che fa di Pjanic e Khedira due guardiani di un fortino che si esalta quando viene chiamato alla difesa, che vede Chiellini e Bonucci caricarsi a vicenda mentre il Leo bianconero chiede la maglia al Leo blaugrana nel finale. Solo così si può firmare un'impresa come quella di non riuscire a prendere gol dal Barça in due partite.

C'è una squadra che viene prima di tutto, lo si capisce quando Cuadrado (rientrato ieri sera da solo e non con la squadra da Barcellona per il mal di schiena) dice che è la vittoria del «sacrificio» e Dybala gli fa l'eco parlando di «solidità». E il condottiero Allegri è sempre stato un passo indietro, al massimo al fianco, dei giocatori. Forse e soprattutto per questo non si parlerà mai di allegrismo. Anche perché la Juve non ha un canovaccio che esegue come un disco incantato: sa vincere attaccando, sa esaltare difendendo. Lo dicono i quarti di finale. Per Allegri la soddisfazione è nel secondo striscione in pochi giorni ad accoglierlo fuori da Vinovo: «Ieri Contenti in Italia oggi Allegri in Europa: andiamo a comandare». Parole che lo mettono sullo stesso piano del predecessore, o addirittura un gradino sopra.

L'allenatore non si scompone e nella mixed zone del Camp Nou piazzata in un garage, ha rivelato che «c'è molta partecipazione, c'è contagio positivo all'interno dello spogliatoio». Ecco l'essenza dell'essere squadra dentro e fuori dal campo. Non sono mancate le spine in questa stagione, solo un paio di mesi fa si parlava di litigi tra giocatori e allenatore. Ma il gruppo non è mai stato intaccato. E questo ha contribuito a quella «crescita a livello di consapevolezza molto importante, in tutto l'ambiente», dice Allegri. E non è un caso che l'ad Marotta sottolinei che l'allenatore è stato importante perché è stato «di giovamento per tutti e ha inculcato la mentalità vincente. Era stata persa con Calciopoli, grazie agli Agnelli siamo cresciuti e ora siamo nelle prime in Europa». E la settima semifinale della moderna Champions segna anche il sorpasso sul Milan fermo a sei.

Però non basta. Perché ora c'è una convinzione, un'autostima diversa. «Possiamo vincere la Champions e il triplete è una questione di testa», l'urlo di Bonucci aspettando il sorteggio di oggi. Nell'urna Monaco, Atletico e Real Madrid, Leo ha fatto un altro pronostico ma ha una certezza: «La nostra qualificazione è un segnale di forza per noi e gli avversari». «La semifinale è un'impresa, ma non significherà nulla se non vinceremo», si sbilancia Marotta.

È una Signora che si riscopre con un profilo internazionale. Quindi pronta per il Triplete. Ma non ditelo a Buffon che dopo non aver preso ancora gol da Messi ha detto: «Lo lasciamo ai sogni dei tifosi, noi dobbiamo stare con i piedi ancorati a terra perché purtroppo non abbiamo ancora vinto il campionato. Ed eliminare il Barcellona, non basta per vederci vincitori. Questo il mio unico pensiero». Il capitano convinto di una squadra alla pari delle grandi in Europa «altrimenti non fai la finale due anni fa, alla pari con il Bayern l'anno scorso, il Barça ora...». Però ci crede Gigi: «Abbiamo la convinzione giusta. Da queste due gare esce una Juve rispettata. Inevitabile quando passi un turno difficilissimo come questo non dico... con facilità, ma personalità». Solo sulla difesa (premiata anche dall'Uefa, tranne Chiellini...) al massimo del suo rendimento eccepisce il portiere: «Sarebbe grave (sorride, ndr) perché avremmo spostato gli anni più avanti. Io 39, l'altro 35, uno 32...». L'età giusta per mettere fine all'ossessione Champions.

La ricetta è sempre di Allegri: «Il prossimo mese e mezzo è più importante degli otto precedenti: lavorando come abbiamo fatto finora vi e ci regaleremo altre emozioni!».

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