Massimiliano Allegri non butta giù nessuno dal carro dei vincitori. Piuttosto li fa stendere su un lettino. «Chi critica sono problemi suoi, non miei. Abbiamo vinto tanto in questi anni, cosa devo fare? Sono gli altri che devono farsi curare non io. Servono dottori bravi, e serve tanta pazienza. Le critiche comunque fanno bene, e poi mi diverto io», è l'unico sassolino che si toglie. Eppure ne aveva in quantità industriale dopo tre settimane alla gogna. L'allenatore bianconero normalizza così l'impresa: «Favorita? La Juve è una delle pretendenti per cercare di vincere la Champions. È un obiettivo come lo è sempre stato: se non passavamo non era un fallimento». Invece è stato un capolavoro che porta la sua firma insieme a quella di CR7. Viene in mente quando a Cardiff disse: «Adesso avete capito perché vincono sempre le squadre che hanno Messi o Cristiano Ronaldo...». Ora il marziano ce l'ha lui e si è visto. La Juventus non era mai stata così bella e intensa in questa stagione come contro i colchoneros. È un po' il marchio di fabbrica dell'era allegriana: quando è spalle al muro, la Signora fa grandi cose. Ma fino a martedì sera erano imprese solo sfiorate: dal Bayern tre stagioni fa al Real Madrid l'anno scorso.
Con la remuntada clamorosa contro l'Atletico, la squadra di Allegri ha regalato alla Juventus la notte più spettacolare della sua storia, seconda solo ai trionfi. L'allegrata della stagione è stata Can difensore e poi terzino, il coraggio porta il nome di Spinazzola mentre per Bernardeschi è stata la partita della consacrazione. L'ex viola può essere considerato il giocatore a cui Allegri ha dato la dimensione del campione come è stato per Pogba, Morata e Dybala. La ricetta è sempre la stessa: periodo di ambientamento, rampa di lancio, fase di assestamento, salto definitivo.
Allegri ora ha un mese di tempo per provare a risolvere il rebus che lo ha accompagnato finora: come far giocare insieme Ronaldo, Mandzukic e Dybala. Potrebbe essere l'allegrata Champions. Intanto nella notte dello Stadium ha incassato prima l'appoggio incondizionato della curva, poi gli applausi di Andrea Agnelli e John Elkann negli spogliatoi a fine gara. Ma il presidente ieri di buon mattino era già alla scrivania. Perché la Juventus non ha ancora vinto nulla. È la cultura del lavoro che accomuna Agnelli e Allegri. La cena di settimana scorsa tra qualche mese potrebbe essere ribattezzata come quella del patto Champions. La stima tra i due è reciproca. Si sono dati appuntamento a giugno per il rinnovo, anche se chi è vicino al tecnico sostiene che a prescindere da come vada la Champions, Allegri se ne andrà. Di certo a fargli cambiare idea non può essere una notte, un complimento.
Come non poteva bastare una partita per convincere Agnelli a cambiare allenatore. Da qui alla fine della stagione basta poco per stravolgere gli scenari. L'ennesima allegrata potrebbe anche essere decidere di rimanere. Difficile, non impossibile.
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