Dalla Konta a Raonic fino alla nostra Giorgi Ecco come il tennis è diventato una babele

Marco Lombardonostro inviato a MelbourneIn piena ricerca di nuova identità, il tennis mondiale rischia di perdere quella del passaporto. Basta vedere il programma delle semifinali (stanotte si sono giocate quelle femminili, stamattina alle 9.30 il big match Federer-Djokovic) per capire che nazionalità è diventata un'opinione. O forse un'opportunità.Per esempio: Johanna Konta è stata la prima britannica a tornare tra le prime 4 di uno Slam 32 anni dopo Joe Dury, ma la differenza è che quest'ultima era londinese purosangue, mentre la Jo del nuovo millennio gira con tre passaporti: australiano (è nata a Sydney), ungherese (ha i genitori di lì) e, appunto, britannico, visto che tredicenne è stata portata dai genitori a Londra perché in patria non la consideravano granché. Se poi aggiungiamo che si allena in Spagna «posso dire di avere più identità di Jason Bourne». Ovvero il sicario dalle mille facce dei libri di Robert Ludlum.In pratica Jo Konta non è un caso isolato: domani mattina in campo per giocarsi un posto nella finale maschile contro Andy Murray ci sarà Milos Raonic (che ha sconfitto ieri Monfils, francese della Martinica): il ragazzone è nato a Podgorica (Montenegro) e si è spostato nel Paese della foglia d'acero quando aveva tre anni e «Toronto mi ha dato una casa: sono passato da un monolocale a una villetta». Gli stessi Aussie tra l'altro dovrebbero forse delle scuse ai russi per aver rapito Daria Gavrilova, moscovita fino all'età di 14 anni, e le sorelle Rodionov, che di nome fanno Arina e Ansatasija. Per non parlare della new wave dei vari Kyrgios, Tomic e Kokkinakis, che spaziano dalla Malesia fino ai Balcani passando per la Grecia ma battono tutti la bandiera di Canberra. Potere di uno sport internazionale ma anche di un mondo che cambia. Così la stessa Konta stanotte se l'è giocata contro Angelique Kerber (che in realtà sarebbe dovuta essere polacca ma alla fine ha scelto la Germania) e tra un po' Coppa Davis e Fed Cup diventeranno un patchwork. Per esempio: il futuro dell'Italia femminile è nelle mani di Camila Giorgi, nata e cresciuta in Argentina.

E magari della miglior ragazza vista qui tra gli junior: Ludmilla Samsonova, diventata dei nostri (ufficialmente un paio d'anni fa) perché suo papà venne ingaggiato da una squadra di tennis tavolo a Torino. «Però è stata una decisione difficile: - ammette -: vorrei tornare spesso in Russia a trovare i parenti. Ma non lo faccio mai: abitano al Polo Nord».

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