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L'allievo tiene testa al maestro

di Franco Ordine

Il maestro ha provato a sorprendere l'allievo prediletto. Non c'entra la scelta di Ospina in porta chè Meret non si è allenato in settimana per via di qualche acciacco muscolare dopo aver superato quelli storici, spalla prima e ginocchio poi. Chi se l'aspettava che Carlo, il maestro, arrivato a San Siro apparecchiasse un attacco a quattro punte, tutti insieme Callejon, Mertens, Milik e Insigne schierati, metro più metro meno, sulla stessa linea dell'attacco. Gattuso, l'allievo umile e sincero, non ha fatto una piega né modificato il suo schieramento, i suoi piani preparati in settimana aspettando Piatek, salutando Higuain. E anzi invece di arretrare, timido e impacciato, quel Milan sicuro quanto basta del suo palleggio e anche dei suoi schemi, ha provato spesso a liberarsi del pressing napoletano. E a ripartire soprattutto in velocità. Peccato che qualche snodo sia stato sporcato dall'imprecisione di Calhanoglu che è stato l'anello debole della serata con Paquetà. Il maestro, salutato anche da uno striscione riconoscente e nostalgico della sua vecchia curva, ha provato un altro trucchetto dei suoi chiamando Ghoulam al posto di Mario Rui per avere un piede educato e più tardi Verdi sostituto dell'impalpabile Mertens ma l'allievo è andato dritto per la sua strada con le mosse suggerite dalla serata, una su tutte quella prevista e attesa. Via Paquetà con le gomme sgonfie, via Cutrone spolpato dalle cento rincorse e dentro Borini ma soprattutto dentro il polacco appena vestito di rossonero.

Perché questa è ormai la filosofia di Rino che lavora sotto pressione rubacchiando ore al sonno notturno per trovare soluzioni inedite: bisogna avere fede nelle proprie idee, difenderle e spiegarle con pazienza anche quando non raccolgono l'adesione convinta di qualche esponente del club tipo Leonardo e Maldini. La lezione dell'andata, due volte davanti, due volte raggiunto e poi beffato, è sempre tornata in mente all'allievo. Allora c'era stato un attimo, un attimo solo in cui aveva pensato che fosse arrivato il giorno e invece aveva dovuto subire l'abbraccio fraterno del maestro e quel sorriso che sapeva di consolazione. Perciò forse alla fine non ha fatto una piega quando ha visto Kessiè sbavare un paio di pallette che potevano arrecare danno al Napoli mai così poco disposto a centrare la porta dalla corta e lunga distanza. Alla fine è rimasto sorpreso proprio il maestro nel cogliere in quel giovanotto che gli saltava al collo dopo qualche trionfo la maturità di un allenatore che si farà. Col tempo.

E appena dopo il Milan gli offriranno magari qualche altra panchina di prestigio da occupare.

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