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Lanzafame: "Troppa attesa, l'Italia sbaglia"

"Io felice di ripartire ma qui l'emergenza non c'è stata. Francia, strada giusta"

Lanzafame: "Troppa attesa, l'Italia sbaglia"

«Oggi torniamo in campo per la semifinale di Coppa. Ci stiamo preparando al meglio, non vedo l'ora di ricominciare». Davide Lanzafame, 33 anni compiuti a febbraio, sta vivendo una nuova giovinezza in Ungheria, dove gioca ormai da quattro stagioni. Dopo aver maturato esperienza tra Serie A e B, vestendo le maglie di Juventus, Parma, Palermo, Bari, Brescia, Catania, Grosseto, Perugia e Novara, ha deciso di trasferirsi a Budapest nel 2016. Honvéd prima, poi Ferencváros, infine ancora Honvéd, squadra nella quale pare aver trovato la sua dimensione. Attualmente con 11 reti è capocannoniere della Nemzeti Bajnokság I, la massima divisione ungherese, che ha deciso di riaprire i battenti dopo due mesi di pausa forzata.

Non hai alcuna paura di ripartire? Ti senti tutelato?

«Nessuna paura. Siamo felici, ci stiamo allenando. Anche perché qui di fatto il lockdown totale non c'è mai stato e sono già stati riaperti da giorni piscine, bar, ristoranti, seppur con precauzioni e distanze di sicurezza».

In che senso? Vi siete sempre potuti allenare?

«No, ci alleniamo da un paio di settimane, ma anche prima era consentito fare jogging all'aperto. In Ungheria il virus non si è diffuso come in altri Paesi e non ha provocato catastrofi (3500 casi e 450 decessi finora)».

Verrete comunque monitorati con tamponi?

«Certo. Due test a settimana per tutti i calciatori e lo staff, l'ultimo dei quali deve arrivare tra le 48 e le 24 ore di prima della partita. Se poi qualcuno viene trovato positivo, finisce in quarantena».

Ti sei fatto un'idea di quello che è accaduto in Italia invece?

«L'Italia è stato uno dei Paesi più colpiti e sta vivendo una situazione molto diversa, ma penso che in ogni caso il governo, anche per quel che riguarda lo sport, avrebbe dovuto essere più solido, deciso e chiaro».

Intendi che la Serie A sarebbe già dovuta ripartire?

«Preferisco le strade scelte da Belgio, Olanda o Francia, dove hanno capito che non avevano mezzi per ripartire e hanno chiuso anticipatamente i tornei. Tentennare, aspettare, rimandare non è un modo corretto di procedere. Crea insicurezza in tutti, soprattutto negli atleti. Se ci sono gli strumenti adatti si riparte, altrimenti si aspetta con prudenza settembre».

Credi che sia corretto mettere in isolamento tutta la squadra in caso di tesserato positivo?

«Non ha alcun senso ripartire con questo presupposto. La Germania e gli altri Paesi in cui hanno deciso di ricominciare, inclusa l'Ungheria, hanno adottato la quarantena individuale. Siamo iper controllati e tutelati lo stesso. È una scelta. O si riparte davvero o ci ferma».

Ti è mai venuta voglia di tornare in Italia?

«Mi trovo benissimo a Budapest. Mi sento apprezzato e valorizzato. Ho vinto due campionati qui, ora sono capocannoniere e puntiamo alla Coppa nazionale.

L'Italia è un grande Paese che porto nel cuore, ma ci tornerò soltanto quando la mia carriera da calciatore sarà terminata».

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