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L'arbitro della "mano de Dios" di Maradona: "Vi dico tutto"

Trent'anni dopo, Ali BIn Nasser parla di Maradona, l'arbitro della "Manos de Dios". La verità sulla partita più contestata della storia

L'arbitro della "mano de Dios" di Maradona: "Vi dico tutto"

Nessuno scorda la "mano de Dios", quel gol contestato di Maradona ai Mondiali del 1986. Trent'anni dopo quel 22 giugno 1986, Ali Bin Nasser, l'arbitro di quella sfida, ha deciso di parlare.

"Non è stata colpa mia" spiega a La Gazzetta dello Sport. "In quel Mondiale gli assistenti non erano considerati come adesso, l’arbitro doveva decidere su tutto. Allora la Fifa ci aveva dato un consiglio: se il guardalinee era meglio piazzato e l’arbitro non aveva visto, bisognava prendere in considerazione la decisione del collega. Fidarsi di lui". "Io avevo dei dubbi, ma ho visto il guardalinee bulgaro Dotchev correre verso il centrocampo e ho dovuto adeguarmi. Dotchev ha dato la colpa a me? Ho preso 9,4 su 10 nel voto della Commissione tecnica della Fifa: hanno detto che io, l’africano, avevo seguito le consegne alla lettera. Non bisogna aggiungere altro, anche lui è stato fregato dalla mano di Shilton".

Negli anni i due si sono scritti: "Diceva la verità, ammetteva che la responsabilità era la sua. Poi nel tempo ha cambiato idea, ma sono sicuro che non sia stato condizionato dal fatto che di mezzo c’era Maradona: aveva personalità sufficiente. Se avessi avuto come collaboratori dei giovani assistenti, mi sarei fidato della mia sensazione e della mia esperienza. Avrei deciso di annullare".

L'anno scorso Maradona e Nasser si sono incontrati: "Mi ha chiamato amico eterno. Abbiamo parlato di calcio e, ovviamente, di quella partita storica. Gli ho detto che se l’Argentina alla fine è diventata campione, lo doveva soltanto a lui, a Maradona. Mi ha risposto dicendo che la sua seconda rete, il gol del secolo, è invece merito mio: non ho fischiato subito, non ho fermato la sua avanzata". "Forse all’inizio mi sono sentito preso in giro, ma poi ho perdonato: in fondo è parte del gioco. Di quella partita ricordo anche il caldo: 42 gradi all’ombra. Quando l’Inghilterra ha accorciato, ho pensato: “Ora mi tocca un’altra mezzora...”.

Ma ero pronto, stavo dominando il match, avevo il controllo della partita: quel mio modo di arbitrare ha fatto persino scuola".

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