Finale di partita

La Lazio che non ti aspetti

Guarda dov'è la Lazio. Seconda, dove nessuno pensava potesse arrivare. Non ci credevano neanche i laziali

La Lazio che non ti aspetti

Guarda dov'è la Lazio. Seconda, dove nessuno pensava potesse arrivare. Perché non ci credevano neanche i laziali, che a questo campionato s'erano avvicinati con l'atteggiamento identico a quello degli anni precedenti: «Sì, vabbè». Convinti che Lotito sia un presidente che prende molto e che dà poco. Nell'estate del caso Tavecchio, il proprietario della Lazio è diventato il simbolo del calcio che non cambia, che si autotutela, che è incapace di autopunirsi e di autoregolamentarsi. Il caso Carpi, ovvero le sue telefonate scorrette in cui spera (e per qualcuno trama) che squadre come Carpi e Frosinone non arrivino in A, ha completato il ritratto di un tipo discutibile.

Non piace Lotito e per la proprietà transitiva non piaceva la Lazio. Passato. La squadra funziona, gira, corre, segna, vince. Ieri 4-0 all'Empoli. E guarda dov'è. Seconda e in finale di Coppa Italia. Ha tirato fuori il giocatore simbolo di questo campionato: Felipe Anderson, uno che l'anno scorso non ne aveva indovinata una e che quest'anno è diventato un fenomeno. L'ha aspettato la Lazio, l'ha aspettato Lotito che da bravo venditore è improvvisamente passato per essere un bravo compratore: ha scoperto Anderson e l'allenatore Pioli, preso quest'estate tra lo scetticismo collettivo. Il campionato non lo riabilita agli occhi dei suoi molti avversari nella politica pallonara e neanche a quelli dei tifosi della curva laziale che con lui hanno molti conti in sospeso. Ma guardandolo dall'esterno non ha sbagliato niente. La squadra gira, i conti sono a posto, la gente è tornata allo stadio.

Non è che serva altro.

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