Calcio

L'eccezione di Euro 2020 in un letargo infinito. È tempo di svegliarsi

Dal buio dei veterani di Mancini al blackout dei giovani di Nicolato. Serve programmare

L'eccezione di Euro 2020 in un letargo infinito. È tempo di svegliarsi

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L'eccezione di Euro 2020 in un letargo infinito. È tempo di svegliarsi

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Due Mondiali mancati con la nazionale maggiore, 4 Olimpiadi saltate per i risultati negativi dell'Under 21. È la triste realtà del calcio azzurro che, dopo l'exploit di Euro 2020, sembra aver toccato il fondo. Eppure la Figc sta investendo sulle squadre giovanili (la crescita dell'Under 20, argento all'ultima rassegna iridata di categoria, ne è chiara dimostrazione, da lunedì ci sarà la talentuosa Under 19 agli Europei), ha le risorse economiche per portare avanti progetti importanti, ma il problema di fondo resta sempre il numero di giocatori stranieri, vedi il Lecce Primavera scudettato senza italiani fra i titolari.

Una battaglia persa per la nostra Federazione che non ha l'appoggio delle Leghe nemmeno sull'auspicabile riforma dei campionati, la priorità di Gravina. Non è mai decollato anche il progetto delle seconde squadre e senza stadi è difficile sperare che l'Uefa possa assegnarci l'organizzazione di Euro 2032. Illusoria poi la tanto decantata rinascita del calcio di casa nostra con le tre finali europee, per altro tutte perse. Sarebbe folle guardare a una sola annata per segnare la risalita di un movimento, si dovrebbe progettare a lungo termine ma c'è poca voglia di fare sistema.

La spedizione fallimentare in Romania degli azzurrini ricalca il flop di 4 anni fa, quando giocavamo il torneo in casa e uscimmo sempre al primo turno. La delusione è enorme, a livello mediatico ci siamo prima soffermati sui torti arbitrali (evidenti, al netto dell'assenza di Var e Goal Line Technology) con la Francia e poi al rischio «biscotto» tra la Svizzera e i transalpini. Fatto sta che i nostri sono scesi in campo contro la Norvegia senza la giusta cattiveria.

L'altra critica che si può fare alla nostra Under 21 è una proposta di calcio un po' antiquata: attendismo, difesa a oltranza, pochi tiri in porta e nessuna voglia di dominare la partita. Da questo punto di vista la supervisione di Roberto Mancini da settembre cambierà le cose, visto che gli azzurrini giocheranno il 4-3-3, il modulo dei più grandi, uniformando il gioco delle due Nazionali principali. Il ct Nicolato non ha saputo far sterzare la sua squadra anche per assenza di attaccanti di livello: il più talentuoso, Kean, si è tirato fuori per motivi mai chiariti, i vari Pellegri, Colombo e Cambiaghi non sembrano all'altezza di grandi manifestazioni, vana anche la presenza degli «esperti» Tonali, Gnonto e Scalvini.

Manca poi quell'«arte» della difesa che ha fatto grande il nostro calcio. Abbiamo avuto Maldini, Nesta, Cannavaro e più di recente Bonucci e Chellini, oggi il piatto è nettamente più magro, non solo a livello di nomi, ma proprio per quanto riguarda la tecnica difensiva. L'impressione è che i ragazzi di Nicolato siano andati in crisi alla prima difficoltà, vedi l'Okoli che lascia libero il norvegese Botheim sul gol.

Nei settori giovanili, molti allenatori hanno dimenticato di insegnare i fondamentali e i giocatori escono con un bagaglio tecnico limitato. C'è da rimboccarsi le maniche, ma dov'è la novità?

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