L'estate mondiale ci regala un'Italia sempre più povera

Non bastano i successi del nuoto e della scherma ai Giochi rischiamo di uscire dal gruppo delle big

Nel gorgo dei mondiali di atletica appena finiti a Pechino dove l'Italia è affogata senza una medaglia (le hanno vinte atleti di 43 paesi), ci sediamo terrorizzati pensando alle Olimpiadi di Rio de Janeiro che vivremo dal 5 al 21 agosto del 2016. Terrorizzati, ma non stupiti. Perché sperare che le cose vadano meglio fra un anno, se la base è quella che vediamo in troppi campi vuoti, se il programma sport e scuola resta precario, un po' come tanti allenatori sottopagati?

Certo, come diceva uno statista tedesco, si finisce per abituarsi a tutto e molte paure sono in massima parte immaginarie, ma se uno guarda dentro lo sport nazionale scoprirà che anche in Brasile difficilmente vinceremo più di 21 medaglie. Questa è la proiezioni dopo i mondiali di quest'anno dove abbiamo vinto 5 titoli in tutto e siamo andati sul podio 15 volte (7 argenti 8 bronzi) considerando che non avremo tante possibilità di successo nei campionati di canottaggio ad Aiguebelette, in Francia, dove le gare finiranno il 6 settembre.

A parte il nuoto, uno degli sport veramente globali, che ci ha indicato la strada con le 4 medaglie di Kazan, un solo oro in gare olimpiche comunque con Paltrinieri nei 1500, un successo di squadra, considerando anche il bronzo delle pallanotiste, i successi della Cagnotto nei tuffi, oro in gara non olimpica, terza nelle prove dal trampolino di 3 metri, che dovrebbe però spingere tutte le altre federazioni italiane a chiedere consigli alla squadra di Barelli, siamo sempre aggrappati alla scherma, 3 medaglie nei suoi mondiali, sapendo già che la squadra di fioretto femminile non sarà a Rio per scelta del Cio che cerca di far dimagrire i programmi negli sport tradizionali per cercare altri "spettacoli" in discipline con molta meno storia.

Certo ci sono anche i 3 successi del pugilato, oro del peso massimo Russo, ma per il resto siamo nel gorgo dello zero assoluto a parte il tiro a segno e a volo o con l'arco. Al Coni anche dopo i tanti flop restano comunque ottimisti, ma sempre per un piazzamento, come nazione, che non sarà fra le dieci grandi dello sport mondiale perché la proiezione di oggi ci vede al massimo al diciassettesimo posto con soli 5 ori e 21 medaglie totali, dietro Cina (94 medaglie complessive), Usa (86), Russia (56 anche considerando il mezzo buco mondiale a Pechino), Germania (42), Francia (41), Australia e Giappone (40), Gran Bretagna (37), Corea del Sud, Nuova Zelanda, Corea del Nord, Olanda, Ungheria, Kenya, Giamaica e Polonia.

Insomma un ritorno al triste passato, 19 medaglie a Barcellona 1992, 14 ai Giochi coreani di Seul, edizioni dove abbiamo vinto 6 ori in tutto. Le cose sembravano cambiate ad Atlanta, 7° posto fra le nazioni, 34 medaglie, 13 campioni olimpici come a Sydney 2000 quattro anni dopo, una posizione stabile fra le grandi potenze, ottavo posto ad Atene 2004 (10 ori), nono a Pechino 2008 (8) ottavi ancora a Londra 2012 (8 primi posti e 28 medaglie).

Dall'eccellenza al quasi anonimato e per questo avremmo bisogno di rivisitare i programmi di tantissime federazioni, quelle dove la dirigenza non cambia mai anche davanti a figuracce come quelle di Pechino. Il nostro sport di vertice si mantiene grazie ai corpi militari, le società di base, persino nel nuoto come potrebbe spiegare ad esempio la famiglia Sacchi, fanno una gran fatica.

Siamo messi davvero male, i giovani di talento, cominciando proprio dall'atletica che è andata bene nelle manifestazioni giovanili, dagli allievi agli under 23, ma poi si rende conto che è difficilissimo portare i migliori al salto di qualità e ancora più problematico continuare l'attività a chi vede davanti tanta fatica e pochi guadagni.

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