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L'IndoInter fa la cicala E Thohir capisce subito che i conti non tornano

Guarin gol e palo, poi tanta Samp nel giorno del debutto di ET. È l'unico presidente, con Pellegrini, a non partire con una vittoria

L'IndoInter fa la cicala E Thohir capisce subito che i conti non tornano

La faccia un po' ingrugnita di Erick Thohir riporta alla pazza Inter di Massimo Moratti, che ieri gli stava accanto nel gelo di San Siro. Freddo lo stadio, freddina l'accoglienza al nuovo presidente, atmosfera da “sbrighiamoci e giocate”, uno striscione che diceva grazie al vecchio patron, quasi a riparare lo scontro con la curva ultras, freddissimo il pareggio che ha segnato l'esordio di Thohir sulla sedia presidenziale. Soltanto Ernesto Pellegrini, tra i presidenti del dopoguerra, dovette bersi l'amaro di un pareggio alla prima presenza da numero uno, ma era un derby. Gli altri vinsero tutti. In certi casi, meglio tralasciare la scaramanzia.
Probabilmente Thohir ricorderà, come un monito alle altalenanti glorie calcistiche, tal Fernandes Garcia Renan, calciatore brasiliano con passaporto italiano, che contro di lui non doveva avere nulla ma di certo un conto in sospeso con l'Inter: l'anno passato, entrato al posto di Poli in Inter-Samp, venne accusato di aver regalato il 3-1 ai nerazzurri. Ciro Ferrara lo richiamò in panchina dopo 19 minuti e il poveretto non mise quasi più piede in prima squadra. Quel tiro lungo e radente, che ha ingannato Handanovic fine partita, stavolta ha regalato un punto, ormai insperato, alla Samp ed è giunto come una resa dei conti: anche il pallone ha un cuore.
L'Inter cicala non si scorda mai e anche questa ha voluto dimostrare al novello padrone l'impronta doc. Inter cicala, ma soprattutto Inter che non è grande squadra. Almeno non ancora. Il quarto posto in classifica segnala le manchevolezze, ormai i pareggi che annunciano punti buttati, anziché punti guadagnati, cominciano ad essere tanti (diciamo quattro). E non può valere, come consolazione, il numero di punti conquistati da Mazzarri in queste prime 15 partite: tanti quanti quelli di Mourihno nei primi 15 incontri (Champions compresa) in nerazzurro. Mou pareggiò la quindicesima contro una squadra cipriota, la Sampdoria è forse meglio. Ma oggi l'Inter ha compiti più facili in campionato.
Mazzarri, anche ieri, ha fatto intendere che gli servono rinforzi di calibro. ET, prima della partita, ha alzato l'asticella guardando a Bayern e Manchester. Forse l'avrà riabbassata visto il match con la Sampdoria. La Nerazzurra ha fatto e disfatto. Ha gestito il primo tempo con buona padronanza, ha tirato poco in porta ma sfruttato la prima occasione grazie ad una combinazione dei suoi ragazzacci terribili: Alvarez che destabilizza la difesa Samp e Guarin che sfrutta l'assist dell'argentino chiudendo in rete. Il tutto dopo 17 minuti. Poteva essere una partita da dedicare all'ipotesi sorpasso sul Napoli. Invece la squadra si è imborghesita, magari imbolsita in qualcuno. Alvarez si è spremuto nel cercare divagazioni ad una certa monotonia. Jonathan ha sfiorato il raddoppio, ma Pozzi ha messo il brivido spizzicando una palla di testa che Handanovic ha faticosamente anestetizzato. Sono state le cose migliori, perché invece il secondo tempo è stato un festival delle mancanze, dell'immaturità, fors'anche di una certa maniacalità di Mazzarri. Inter con troppa gente che si muove palla al piede, senza incidere. La partita nerazzurra si è chiusa su un palo colpito da Guarin dopo sei minuti della ripresa. Poi è stata la Samp a farsi avanti. Inter colpevole di non averla messa in difficoltà, incapace di fare pressione. E qui conta anche la mano del tecnico, un po' monotematico nella strategia ad una punta. La Samp si è proposta al tiro con insistenza: Pozzi ha segnato un gol (annullato) in fuorigioco, Eder e De Silvestri hanno regalato scampanellii sinistri. Renan, appena entrato, ci ha preso, sfruttando errori di Cambiasso e Mudingayi, poco efficaci in fase difensiva.
I più benevoli hanno pensato alla beffa. I più realisti, fra cui Mazzarri, si sono schierati sul versante delle colpe.

E Thohir avrà capito che, nel calcio, non basta far quadrare i conti economici.

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