Lione in disoccupazione. Il Sion licenzia

In Francia molti club vanno verso una riduzione del 30% dopo lo stop

Lione in disoccupazione. Il Sion licenzia

Mentre in Italia si discute e, conoscendo l'ambiente, si continuerà a farlo ancora per giorni, in Francia alcuni club non hanno aspettato decisioni a livello federale e sono entrati in azione, annunciando la disoccupazione parziale per tutti i loro calciatori e parte dei dipendenti. Davanti all'esplosione dell'epidemia, Lione, Bordeaux, Amiens, Niems e Montpellier (e a breve se ne aggiungeranno altri) hanno deciso infatti di applicare il provvedimento riformato e attualizzato dall'Eliseo per contrastare l'emergenza coronavirus.

Con l'obiettivo di contenere le perdite, i club d'Oltralpe hanno quindi adottato questa misura che permette di pagare ai dipendenti solo il 70% del loro stipendi. Secondo il diritto francese, questa misura può essere applicata quando un'azienda è costretta a ridurre o sospendere temporaneamente la propria attività a causa di alcune circostanze particolari o eccezionali, come, appunto, il diffondersi del Codiv-19. Le aziende francesi, inoltre, possono richiedere un indennizzo allo Stato, non però i club di Ligue 1, visto che il supporto economico è limitato alle situazioni in cui i lavoratori guadagnano meno di 7mila euro al mese o quattro volte e mezza il salario minimo. E lo stipendio medio dei calciatori francesi è di gran lunga superiore: circa 94mila euro al mese.

Ma anche le squadre italiane sono sempre più preoccupate per i danni economici. Per ora, si parla di un complessivo tra i 70 e i 150 milioni di euro fino addirittura a 700 se il campionato non dovesse ripartire. Da qui l'idea di colpire i salari dei tesserati, sulla quale il presidente FIGC Gravina ha già fatto sapere che «Il taglio degli ingaggi non può essere un tabù in questa emergenza».

Intanto, a proposito di riduzione degli stipendi, Christian Constantin, vulcanico patron del Sion, è andato su tutte le furie e ha licenziato ben nove giocatori, tra cui gli ex Serie A Doumbia, Djourou e Kasami. In Svizzera, infatti, per alleggerire le perdite, le società possono sfruttare una speciale cassa integrazione che aiuta il datore di lavoro quando non riesce ad offrire prestazioni a causa di terzi e che prevede un salario ridotto pagato in parte dallo Stato. A scatenare l'ira del presidente elvetico sarebbe stato quindi il gran rifiuto da parte dei calciatori di fronte alla proposta di decurtazione dello stipendio, che, come riporta il Blick, sarebbe sceso a 12350 franchi (circa 11mila euro lordi), cifra pari a quella garantita dalle assicurazioni contro la disoccupazione.

Il licenziamento, però, non è ancora definitivo, perché l'Associazione Calciatori svizzera ha già presentato un reclamo, dal momento che le cause di forza maggiore legate al coronavirus non sono accettabili. Un caso che, a prescindere da tutto, crea inevitabilmente un precedente e, data la situazione che sta vivendo tutto il mondo sport, potrebbe ripresentarsi presto anche altrove.

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