Sotto l'Acropoli l'Italia di Roberto Mancini, sempre alla ricerca del bello applicato al calcio, passeggia sui ruderi di una Grecia senza un vero disegno tattico e in crisi di risultati. Tutto troppo facile per gli azzurri che conquistano la settima vittoria di fila nelle qualificazioni europee (record) e hanno la possibilità già martedì a Torino contro la Bosnia di tagliare il traguardo in largo anticipo. Un vantaggio in più per crescere con maggiore serenità in vista del torneo continentale che partirà da Roma fra 12 mesi.
Per ora il cammino nel girone è perfetto: tre vittorie su tre, undici gol segnati, nessuno subìto (diventano 568 i minuti con la porta azzurra inviolata) e soprattutto cinque punti di margine sugli ellenici e la Bosnia, caduta malamente in Finlandia, in teoria le avversarie più quotate. I progressi dal punto di vista realizzativo sono evidenti, anche se è ancora difficile identificare un bomber in una Nazionale come quella di Mancini dove hanno segnato 15 giocatori diversi; i meccanismi di gioco sono sempre più fluidi così come il possesso palla e la padronanza del gioco, visto che la nostra Nazionale non butta mai il pallone ma cerca di costruire dal basso ogni sua iniziativa.
Nella calda notte (si toccano quasi i 30 gradi) dello stadio Spyros Louis pagano le scelte del ct. Belotti e Insigne sono le carte a sorpresa giocate da Mancini e i due risultano protagonisti principali nei 13 minuti che decidono la sfida. Il granata («mi sembrava il più pimpante in questi giorni a Coverciano», così il ct) torna titolare in azzurro dopo un anno e veste i panni di uomo assist nell'azione del gol di Barella - che apre la serie delle reti azzurre come aveva fatto con la Finlandia -, il napoletano offre il pezzo forte del suo repertorio segnando una rete che in Nazionale gli mancava dal marzo 2018 (rigore trasformato nell'amichevole a Londra contro l'Inghilterra).
Il collega greco Anastasiadis, chiamato al difficile compito di rilanciare il calcio ellenico dopo i fasti dei suoi predecessori stranieri (Rehhagel e Santos), sbaglia completamente formazione schierando il centrocampista Zeca nel ruolo di esterno destro di difesa e avanzando Siovas a protezione della retroguardia. Una doppia mossa che permette sulla fascia a Emerson e Insigne di regalare continue sovrapposizioni e al centro all'Italia di affondare senza difficoltà. E così, dopo venti minuti di ritmi non altissimi, gli azzurri mettono la quinta: tre gol in meno di un quarto d'ora, il rigore in movimento di Barella, la perla di Insigne e la zuccata di Bonucci, e Grecia al tappeto, quasi inerme non avendo soluzioni per cambiare la gara e pensando di fatto solo a contenere gli avversari.
La gestione azzurra della gara diventa più semplice, Barkas evita un passivo più pesante uscendo bene sui soliti Barella e Insigne e deviando il tiro di Florenzi, Sirigu «sporca» i guantoni solo sul bolide di Fortounis anche se gli azzurri si addormentano un po' concedendo un paio di conclusioni ai deludenti avversari, senza nemmeno quell'orgoglio che a marzo aveva consentito loro il recupero in casa della Bosnia.
L'Italia torna a vincere in Grecia dopo 39 anni e l'ultima volta di tre reti segnate in una gara esterna di qualificazione europea era stata quella in Azerbaigian nell'ottobre 2015 (era Conte), anche se poi con Ventura ct c'era stato il poker in casa del Liechtenstein.
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