nostro inviato a Londra
Una partita in un punto. A volte un dettaglio ha la forza di raccontare tutto e rovinare un sogno. Succede nel secondo set, quando il Brasile guida già uno a zero e 19 a 10, succede che la palla vola alta nell'Earls Court Arena, succede che Murilo la va a prendere al villaggio olimpico tanto è lontana, succede che la rimette in gioco e che non te lo aspetti e che l'Italia può sparargliela addosso, è un rigore a porta vuota, succede che non succede, che il punto lo farà Dante. Dante brasiliano, Dante senza pietà.
Finisce come a Pechino, battuti in semifinale, come ad Atene, battuti in finale, battuti dal Brasile. Oro addio, non lotteremo per te. Oro che può diventare bronzo, forse, speriamo, l'obiettivo adesso è quello, finalina, di mattina «perché c'è gente che ucciderebbe per giocarsi comunque una medaglia alle Olimpiadi» anima i suoi Mastrangelo, e allora «guai a dire che adesso siamo giù e che ci deconcentreremo, non sarà così». «Sì, solo mezz'ora per essere tristi e poi di nuovo a lavorare per domenica mattina, c'è un bronzo da andare a prendere« aggiunge, sprona, avverte coach Berruto.
E dire che eravamo partiti bene, come con gli Stati Uniti l'altro giorno, magari persino un filo meglio, poca cosa, ma comunque cosa. Gli ace di Zaytsev e Mastrangelo, le trovate di capitan Savani, Italia che tiene, Italia che se la gioca punto su punto, bravo nonno Mastrangelo, bravi un po' tutti fino al primo passaggio a vuoto, quello del 18 a 15, neutralizzato in parte da capitan Savani. Illusione. Perché arriverà il successivo allungo brasilero, quello che porterà al 25-21 del primo set. Da dimenticare il secondo, 25-12, brutta storia, tutti spaesati, quello di Lucas che è una furia, quello dei verdeoro da paura e i nostri confusi, frettolosi, con solo Savani e Mastrangelo a tenere retta la via ormai curva. Meglio, molto meglio nel terzo, quello dell'orgoglio, quello dell'andiamo avanti noi, solo che loro, gli altri, poi ci riprendono sul 12-12 e vanno via e scappano e finisce 25-21 come nel primo.
«Cosa ci è mancato?» domanda e si domanda Mastrangelo, «ci è mancato che se non batti sempre bene e togli la palla agli altri va a finire così, succede che ne paghi le conseguenze a muro, succede che perdi
Sì, non siamo riusciti ad avere il grande servizio mostrato contro gli Usa». «Ci siamo un po' persi» ammette Zaytsev, «nel terzo ci abbiamo anche provato ma niente, ci hanno ripreso».
Sì, il terzo set, quello di una piccola, ammettiamolo, e mai grande illusione di riacciuffare la partita. «La differenza più evidente rispetto al quarto di finale» ammette Berruto «è che li abbiamo lasciati più liberi, loro sono stati bravissimi e ci hanno in parte impedito di far vedere il nostro gioco. Peccato, davvero, abbiamo provato a fare una grande gara, ma abbiamo trovato una super squadra». E a chi gli fa notare che l'Italia pareva più quella con la Bulgaria nei gironi che quella contro la corazzata a stelle e strisce, confessa «è vero, ma per merito altrui». Già, la Bulgaria che troveremo domani nella finalina, la Bulgaria che ci ha battuto nei gironi 3 a 0, la Bulgaria che sbagliando s'impara, «perché noi apprendiamo da tutte le partite, da quelle che vanno bene e quelle che vanno male, abbiamo imparato da questa persa con il Brasile» dice Berruto, «e abbiamo imparato perdendo con la Bulgaria».
E dunque avanti, sperando, sognando comunque. Brasile troppo forte, Bulgaria alla portata, sconfitta dalla Russia. Ricordandoci due cose grandi e importanti.
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