La fascia di capitano del Napoli è l'emblema di una normalizzazione vincente. Non per quello che rappresenta, ma per come si è arrivati alla scelta di chi la indossa. Estate 2022. Napoli è in trasferta a Dimaro, sede storica del ritiro voluto da Aurelio De Laurentiis che in quelle valli d'estate trasferisce il suo affollato seguito, societario e non. ADL ha appena «sconvolto» la squadra: Lorenzo Insigne nella sua casetta d'oro in Canada, Dries «Ciro» Mertens a raccogliere spiccioli turchi, Koulibaly nell'eldorado della Premier. Non tre a caso, i tre capitani in pectore dell'ultima era napoletana. È l'anno zero. Luciano Spalletti entra nello spogliatoio prima dell'amichevole d'esordio e consegna il pezzo di stoffa nelle mani di Giovanni Di Lorenzo. Non è un figlio di Napoli, come Insigne. Non è uno scugnizzo adottato, come Mertens. Non è un simbolo dell'anima napoletana, come Koulibaly. È un calciatore normale, ma esemplare nei comportamenti e dal rendimento eccezionale.
Di Lorenzo è l'immagine della normalizzazione di una squadra che ha sognato lo scudetto e che quando lo ha visto sfumare spesso è stata tradita dalla sua innata capacità autodistruttiva, a partire da quella del suo presidente. Per Giovanni l'azzurro è una seconda pelle: l'ha indossato da Matera in avanti, passando per Empoli e arrivando a Napoli. La maglia della Nazionale a fare da filo conduttore, il nome di battesimo della figlia il sigillo definitivo: Azzurra. Che rimanda all'Italia e quindi a Giovanni, campione d'Europa. L'ultimo, anzi l'unico capitano del Napoli scudettato era campione del mondo. Il suo nome, Diego Armando Maradona. Perché lo scudetto arriva all'ombra del Vesuvio solo quando l'Argentina è campione del mondo.
Ecco l'altra faccia della normalizzazione. Da un capitano egocentrico, immagine assoluta dell'individualismo, a un capitano al servizio del collettivo, sempre un passo indietro per dare l'esempio e lasciare la scena agli slalom di Kvaratskhelia e allo strapotere di Osimhen.
Da un genio a un terzino quando tutti pensavano che dovesse toccare a Insigne far esplodere di nuovo di gioia la città. Ma che terzino. Di Lorenzo si mette nella scia dei grandi capitani vestiti di scudetto giocando nelle retrovie: da Paolo Maldini a Javier Zanetti fino a Giorgio Chiellini, per restare nella storia recente del campionato. Questo sarà lo scudetto ricordato nella storia napoletana, come il primo d.d., dopo Diego.
Di Lorenzo è l'anima italiana di una squadra plasmata da Spalletti anche sulle parate del rigenerato Meret, sui «riccioli» di Politano per innescare Osimhen, e sui guizzi di
Raspadori, vedi ciliegina al ritorno nella casa della Juventus. Le sliding doors napoletane a tinte azzurre vanno da Lorenzo Insigne a Giovanni Di Lorenzo. Un fantasista che ha sfiorato la storia, ma un terzino è per sempre.
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