La "lucida follia" che ha portato i rossoneri dal rischio fallimento al tetto del mondo

Scudetti, coppe e tante grandi firme: da Sacchi a Capello, da Gullit a Kakà

La "lucida follia" che ha portato i rossoneri dal rischio fallimento al tetto del mondo

«Un affare di cuore». Il senso della trentennale storia di Silvio Berlusconi e il Milan. Una storia scandita dalle vittorie. Alla media quasi perfetta di un trofeo alzato per ogni anno di presidenza. Nessuno come Silvio Berlusconi nella storia del calcio, il patron più vincente con quei ventotto titoli in trent'anni. Sempre con un posto per i rossoneri in quel cuore appena rimesso a nuovo.

L'affare di cuore inizia nel febbraio del 1986, quando Sua Emittenza prende il club rossonero da Giussy Farina, salvandolo praticamente dal fallimento. E ora lo vende per mezzo miliardo, al netto dei debiti. Una rivalutazione monstre dettata dai successi e da un marchio diventato globale. Frutto di una lucida follia diventata realtà il 24 marzo del 1986, quando Berlusconi diventa il ventunesimo presidente del Milan. I primi passi li muove in elicottero. Lo sbarco a Milanello sotto la neve, il primo raduno all'Arena sulle note della Cavalcata delle Walchirie. Una stagione di assestamento, il tempo di impiantare il modello Fininvest con Adriano Galliani come braccio destro.

Il preludio dei trionfi fu la convention nel castello di Pomerio quando davanti a tutta la società Berlusconi dettò la missione: «Dobbiamo diventare la squadra più titolata al mondo». Un'altra lucida follia diventata realtà nel 2007, vincendo il Mondiale per club. Tredicesimo e ultimo trofeo internazionale personale per Sua Emittenza che iniziò a festeggiare con lo scudetto del 1988, quello del celebre Napoli-Milan del primo maggio. È il Milan di Arrigo Sacchi, straordinaria intuizione dello stesso Berlusconi che con l'allenatore di Fusignano arriva sul tetto del mondo. L'Intercontinentale di Tokyo sembra l'apice della storia, ma sarà solo l'inizio. Il club rossonero vince per due volte di fila la Coppa Campioni, l'ultimo a riuscirci. Esaurito il ciclo di Sacchi ecco Capello, uomo Mediolanum, per questo etichettato dagli scettici come il cameriere di Arcore, capace di vincere tre scudetti di fila. E poi Carlo Ancelotti che ha completato la missione di diventare il club più titolato al mondo.

Successi scanditi dalle ere in panchina, ma soprattutto dai campioni passati da Milanello. Perché la rivoluzione di Berlusconi non fu gentile, iniziò cambiando per sempre le cifre del calciomercato per soffiare Roberto Donadoni alla Juventus. E la prima creatura fu il Milan degli olandesi: Van Basten e Gullit raggiunti da Rijkaard. Poi ci sono stati Savicevic e Boban, Weah e Baggio, Shevchenko e Kakà e Seedorf. Senza dimenticare Ibrahimovic e il debole per i brasiliani da Leonardo a Thiago Silva a Pato, ma anche stagioni per Ronaldo, Rivaldo e Ronaldinho.

Il Milan resta soprattutto un affare di cuore scandito al motto il Milan ai milanisti. Stonato solo nella storia recente con Leonardo, Seedorf, Inzaghi e Brocchi. Non a caso l'ultimo trionfo è lo scudetto firmato Allegri. Poi quattro anni senza successi e tanti esoneri non da cancellare, ma da spiegare. Anche con «quella condanna a quattro anni di prigione», dirà Berlusconi parlando di questo lungo addio, al quale si è rassegnato solo quando il cuore ha dovuto lasciare spazio alla ragione.

Una lunga cavalcata con qualche inevitabile caduta. Le luci di Marsiglia e la nebbia di Belgrado non si possono dimenticare. Gli schizzi di Calciopoli restano anche se cancellati dal trionfo in Champions contro il Liverpool, rivincita della rocambolesca Istanbul. Quinta e ultima Coppa Campioni, ma in bacheca hanno un posto speciale quella del poker al Barcellona, nelle stesse ore in cui veniva votata la fiducia al primo Governo Berlusconi, e quella di Manchester vinta contro la Juventus. La vera grande antagonista. Il penultimo duello perso è quello fotografato dal gol di Muntari. Ma era già un'altra storia, Pirlo regalato alla Signora il primo capitolo. Quindi la finale di Coppa Italia dello scorso maggio. Ma il bilancio si chiude comunque con la lode.

Il Milan resta per Berlusconi un affare di cuore, la cessione un sacrificio personale con ultimo regalo: un fondo cinese come successore con in tasca 400 milioni per il mercato. La storia continua, non è un favola, ma un'altra lucida follia di un affare per sempre nel cuore.

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