Franco Ordine
L'Uefa ha bocciato il primo esame tentato dal Milan cinese. È vero, era scontato e annunciato da giorni. Persino Marco Fassone, che pure aveva presentato un fascicolo di 150 pagine per superarlo, l'aveva messo in preventivo. Eppure vederlo stampato sul sito dell'Uefa ha fatto comunque un certo effetto. Verrebbe da chiosare: uno sgambetto al giorno toglie la serenità di torno. E cancella gli effetti virtuosi dei due successi consecutivi (Bologna e Verona in coppa Italia) faticosamente guadagnati da Rino Gattuso. Prima la mina vagante del contratto di Gigio Donnarumma disinnescata dallo stesso portiere rossonero giovedì sera, ieri il verdetto previsto dell'Uefa che ha respinto la richiesta di voluntary agreement presentata a novembre. La commissione, presieduta dall'ex premier belga Yeves Leterme ha detto no al club guidato da Yonghong Li per un motivo di fondo: a causa «delle incertezze che riguardano la capacità dell'azionista cinese di rifinanziare il debito con Elliott in scadenza nell'ottobre del 2018 e di soddisfare le garanzie finanziarie richieste ai maggiori azionisti». La morale è molto semplice e nello stesso tempo molto cruda: l'Uefa non si fida dei cinesi alla guida del Milan e ha promesso di procedere alla fase due, al settlement agreement che vuol dire patteggiamento della pena che può andare da una multa alla riduzione della lista Uefa.
Marco Fassone ha confezionato la risposta del Milan in due tempi. Al mattino, appena informato da Nyon del verdetto, si è trasferito a Milanello per informare Gattuso e lo spogliatoio sugli effetti per niente traumatici del provvedimento, in serata, dinanzi a una telecamera, ha dettato invece l'intervento destinato a media e tifosi, senza dimenticare di dire la sua sul caso Donnarumma e sul duello rusticano tra Raiola e Mirabelli. A proposito del verdetto ha ripetuto che le richieste fatte al Milan erano «impossibili da soddisfare» e prevedevano «l'immediato rifinanziamento del debito e il deposito in una banca della somma prevista in perdita nel prossimo bilancio». Poi è passato alle responsabilità: «Questo provvedimento si riferisce a violazioni commesse nelle stagioni 2014, 2015, 2016 e 2017». Chiaro lo scopo dell'ad rossonero: chiamare in causa il vecchio azionista Fininvest uscito di scena nell'aprile scorso al quale sarà chiesto di contribuire all'eventuale pagamento della multa. Su Donnarumma, Fassone ha rimesso insieme tutti i cocci, dopo aver parlato a lungo, telefonicamente, con Mino Raiola. «Non c'è nessuna volontà di cederlo a meno di una sua esplicita richiesta ma si scordino di utilizzare strane tecniche per trasferirlo a valori inferiori di mercato»: è andato dritto al cuore della questione senza offendere l'agente come ha fatto invece il ds mercoledì notte. «Io uso un linguaggio e il ds un altro ma non provino a mettermi contro Mirabelli, il giochino non riuscirà» la frase utilizzata da Fassone per far capire al suo diretto collaboratore che sarà utile per il futuro utilizzare una comunicazione meno aggressiva. Infine la questione del mercato. «Non abbiamo necessità di cassa, non abbiamo necessità di vendere un calciatore, ce ne staremo alla finestra e interverremo soltanto se salterà fuori l'occasione» la sua promessa destinata ai tifosi e allo stesso Donnarumma. Gigio ieri mattina a Milanello è apparso all'ad rossonero «molto più sereno dopo il trauma vissuto con la contestazione».
Anzi, proprio dal pranzo con Gattuso e dal colloquio col gruppo squadra, Fassone ha colto segnali molto positivi. «C'è un clima nuovo a Milanello» ha sentenziato. Domenica, all'ora di pranzo, col Verona, lo verificheremo.
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