Coronavirus

L'uomo prigioniero nello stadio vuoto

Bloccato dal virus a 85 anni: "Uso la palestra della squadra e taglio l'erba"

L'uomo prigioniero nello stadio vuoto

All'età di 85 anni Andrés Perales pensava di averle viste tutte. Ha dedicato una vita alla squadra del Malaga, nel 1964 ha sposato il malaguismo - come lo chiamano sulla Costa del Sol, nel sud della Spagna - ed è stato team manager, massaggiatore, giardiniere, autista ufficiale. Però mai avrebbe immaginato di doversi barricare in isolamento all'interno dello stadio, «La Rosaleda», assieme al figlio Andy e al cagnolino, per via di un virus che tiene in scacco l'intero pianeta e i tifosi lontani da quelle tribune chissà ancora per quanto. Un non luogo divenuto spettrale, abituato a vivere con il calore della gente, che avvicina questa storia al film The Terminal di Steven Spielberg, dove Viktor Navorski (Tom Hanks), venuto dalla Krakozhia, si ritrova a trascorrere parte della sua esistenza all'interno dell'aeroporto JFK di New York, in attesa di un visto che gli viene negato.

Quello di Andrés Perales però è un mondo surreale solo all'apparenza. È in pensione da dieci anni, nel 1989 la società decise di omaggiarlo con un immobile situato all'interno dell'impianto, che aveva fatto costruire durante la ristrutturazione per i Mondiali del 1982. Sul vialone di Avenida de la Palmilla, la porta d'ingresso numero 18 si chiama Puerta Andrés Perales perché conduce agli spalti, ma anche alla sua dimora, un regalo della comunità a tutti gli effetti in quanto le spese sono pubbliche, divise tra il comune di Malaga e la Junta de Andalucia.

Ai media spagnoli ha raccontato la sua insolita quotidianità, un confinamento tra i 30mila seggiolini vuoti dello stadio: «Nella speranza che tornino a riempirsi non ho mai smesso di occuparmi del prato. Lo conosco meglio di chiunque altro, nel febbraio del 1975 Cruyff venne a complimentarsi con me perché lo aveva trovato in condizioni perfette. In questi giorni faccio lunghe camminate, controllo che tutto sia al suo posto. Mia moglie lavorava nella lavanderia del club, ma non c'è più da anni, ho sette figli e uno di loro, Andy, adesso mi fa compagnia. Si tiene in forma usando la palestra della prima squadra, soffre perché è separato e non può vedere le sue bambine».

All'inizio degli anni Novanta, Andrés ha rischiato di finire per strada, la crisi economica del club l'aveva portato a un passo dall'esproprio, un rischio che adesso non corre visto che alla presidenza c'è lo sceicco Abdullah Al Thani. La squadra milita in Segunda Division (la B spagnola) ed è ancora vivo il ricordo dei quarti di finale di Champions del 2013: «Qui mi vogliono tutti bene - ha continuato Perales - un giorno è venuto a trovarmi anche lo sceicco, io e la mia famiglia dobbiamo tutto a questa società. Per 25 anni ho portato la squadra in trasferta a bordo dell'autobus ufficiale, il Flecha Azul, ovunque in tutta la Spagna. E ora non posso nemmeno uscire dallo stadio».

Non resta che attendere, proprio come Tom Hanks nel film: «Ok, io aspetto».

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