La furia di Tavecchio sta prendendo corpo nella conferenza stampa di addio e al Coni, dove sono in corso gli Stati generali dello sport, il presidente Giovanni Malagò entra nuovamente a gamba tesa sul palazzo del pallone, da ieri senza un padrone. «La Federcalcio sarà commissariata, mi pare l'unica soluzione, così continuiamo a farci del male, andare avanti in questo modo sarebbe stato un accanimento terapeutico», così Malagò. «Un atto molto grave, in Italia ci sono gli statuti e le garanzie, non facciamo riverenze a nessuno», la replica di Tavecchio. Gli faranno eco in tanti, in primis Renzo Ulivieri, principale sostenitore del dirigente di Ponte Lambro.
Il presidente del Coni ha già convocato la Giunta per domani alle 16.30, ma quel commissariamento, dichiarato impossibile sei giorni fa dal numero uno dello sport italiano, appare ancora difficile. Gli esperti del Coni stanno facendo tutte le valutazioni del caso, la volontà di Malagò si appoggia sull'articolo 7 comma 5 (lettera F) dello statuto di palazzo H: fra i casi possibili c'è la «constatata impossibilità di funzionamento degli organi direttivi». E secondo il presidente del Coni la governance della Figc non è più funzionante, con un presidente dimissionario, due leghe senza rappresentanti e le altre componenti che hanno preso strade diverse.
Il calcio vuole però difendere la sua autonomia e potrebbe riuscirci: lo statuto Figc prevede all'articolo 24 comma 9 che il presidente dimissionario convochi l'assemblea elettiva entro 90 giorni e gestisca la transizione con l'attuale Consiglio federale. Ecco che in caso di commissariamento, Tavecchio e altri componenti federali sono pronti a rivolgersi al Tar. E anche nella Lega di serie A sono in molti ad essere perplessi sull'azione del Coni, che in passato ha già commissariato altre federazioni.
L'idea di partenza di Malagò era duplice: un'ipotesi remota di un commissario ad acta (traghettatore verso le elezioni) e l'altra di un plenipotenziario, ovvero un soggetto che per un periodo di almeno sei mesi - in modo da scavallare anche le elezioni politiche che potrebbero disegnare uno scenario diverso da quello attuale - proverebbe a fare riforme sostanziali del football di casa nostra. Malagò si era anche tirato fuori dalla corsa («non sono disponibile, c'è un'Olimpiade invernale all'orizzonte...») e il prescelto, nel caso, sarebbe un giurista, forse assistito da figure del mondo del calcio (non ex giocatori). Ma la strada è in salita, tanto che la possibilità di un commissariamento non è così scontata.
Nonostante la situazione eccezionale (Italia fuori dal Mondiale come 60 anni fa) la strada futura potrebbe essere quella già vissuta nel 2014, con le dimissioni di Giancarlo Abete pochi minuti dopo la disfatta in Brasile. In quella circostanza, la Giunta Coni confermò il traghettamento di Abete alle elezioni, svoltesi poi a 48 giorni dall'inizio della «crisi» del governo del calcio. Il rischio di un passo falso di Malagò potrebbe quindi essere concreto.
A maggior ragione, la questione ct dovrebbe essere rinviata a dopo le nuove elezioni (voci non confermate parlano di una possibile candidatura di Costacurta stile Albertini 4 anni fa):
si fa sempre più strada il traghettamento di Di Biagio nelle amichevoli di marzo, a giugno poi - l'Italia ha inviti per tornei da Usa, Golfo Persico e Cina - potrebbe esserci uno tra Ancelotti, Conte, Mancini o Ranieri.MDD
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