Né gioco, né gol, né punti. E il Milan torna all'antico

Castigato da un gol del solito Di Natale. Difesa di burro e trequartisti deludenti. Guidolin rivede il successo dopo un mese

Né gioco, né gol, né punti. E il Milan torna all'antico

Nè gioco, nè gol, nè punti. E invece di mostrare un passo in avanti dopo le sconfitte guarnite da un bel calcio, si è visto ieri sera, in modo plastico, il Milan indietreggiare pericolosamente a qualche giorno dalla sfida decisiva di Madrid. Sono spariti i progressi e i difetti sono quelli di sempre, riconosciuti anche al Milan di Allegri: difesa ballerina, resa ancora più fragile dalla presenza di Zapata e Mexes, rientrati per necessità e turn-over. Di Natale, a porta spalancata, ha rimesso la firma sul successo friulano che ha ricacciato via le streghe dell'ultimo mese. É stata un'azione a mano, disegnata in modo geometrico, un triangolo perfetto, con le statuine rossonere infilate comodamente e con i centrocampisti (Muntari, Essien e Montolivo in sequenza) incapaci di interrompere la manovra avviata da Fernandes. Non tutte le colpe però possono essere messe sul conto della difesa. Disastroso infatti è risultato il rendimento della linea dei tre-quartisti, incapaci di esprimere talento e assistere Pazzini, sempre a secco a dispetto del suo impegno. Adesso le cifre della gestione Seedorf cominciano a diventare allarmanti: 4 sconfitte secche (Napoli, Atletico, Juve e Udinese) nelle ultime sei sono troppe anche per un tecnico arrivato a Milanello per preparare il futuro e con la benedizione di Silvio Berlusconi. Così si smarrisce il presente. E che nessuno invochi la distrazione da Champions league: è un luogo comune invocato dai mediocri.

Il Milan di ieri, figlio di scelte in parte indispensabili, è di fatto tornato indietro di un mese, un mese e mezzo e del famoso equilibrio celebrato in precedenti circostanze, con la Juve, con la Samp non c'è più stata traccia. Anche la famosa carta segreta (un bel numero di gol realizzati negli ultimi 15 minuti) non è servita a rimediare: Balotelli, aggiunto a Pazzini nel finale, ha calciato un paio di punizioni e combinato poc'altro ancora, giocando defilato sulla sinistra, nel binario prima occupato da Robinho. Resa scadente certo per la presenza di troppi esponenti provenienti da infortunio e da lunga inattività (Zapata, Mexes, Birsa), più marcato il discutibile contributo di gente del calibro di Honda e Robinho: hanno rappresentato una zavorra per una squadra come il Milan di questi tempi. Che ha anche completamente perso il feeling con il gol: è l'ennesimo zero in condotta. Senza nemmeno costruire quel gran numero di occasioni celebrate nella sfida precedente con la Juventus. Tutta la squadra, dopo una buona mezz'ora, si è sgonfiata, disunita, ha perso i collegamenti e quando De Sciglio ha smesso di trovare spazio sull'argine destro, Pazzini è rimasto a secco. Ecco, Pazzini. Un paio di volte ha sfiorato il bersaglio, nel primo tempo, una volta ha ciccato Zapata, in modo clamoroso, più tardi il giovane e promettente portierino dell'Udinese ha messo in vetrina la sua bravura ma la trama offensiva dei rossoneri ha perso lucidità e smalto, anche efficacia oltre che respiro. Birsa era spaesato, come avesse giocato per la prima volta in quella squadra, Honda, di utile, ha compiuto solo un recupero difensivo, Robinho nemmeno quello ed è stato sostituito proprio per la sua tendenza a fermarsi quando la palla passa ai rivali.

Nella ripresa da segnalare un paio di colpi di testa (Robinho ed Essien): nient'altro. Una povertà assoluta che deve cominciare a preoccupare. Anche perchè poi dalla panchina sono arrivati i rinforzi: prima Essien, poi Balotelli quindi Taarabt senza riuscire a invertire la tendenza di una sfida messa dal solito Totò Di Natale sul binario giusto.

Che nessuno, a Udine e in Friuli, si illuda sul tocco magico del ritiro deciso dal patron Pozzo.

Non ce n'era bisogno per infilzare come un pollo d'allevamento il Milan di ieri. Bastava attendere l'occasione giusta e difendersi con puntiglio. Così han fatto e Guidolin, sebbene debilitato, ha potuto rimettere il pennacchio sul cappello.

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