Nove punti in meno rispetto all'anno scorso, una difesa gruviera e nemmeno l'alibi di un allenatore da seconda fascia calcistica. Mancini sta benissimo sulla panchina dell'Inter, ma è questa Inter che non gli sta benissimo. Se lo sbatter contro il muro romano fosse l'amarissimo che fa benissimo, avrebbe risolto metà dei problemi. Ma così non sarà. L'Inter deve tornare ad essere Inter, nel blasone e nella testa dei giocatori: è il ritornello. Se lo fosse anche nei piedi, e nella qualità, forse meglio.
Mancini ieri è rimasto a Roma, ospite dell'Unicef che lo ha nominato Goodwill Ambassador nel mondo per l'impegno verso l'infanzia. Ma ambasciatore stavolta porta pena per il suo spogliatoio. Sfogliato l'album sta per arrivare l'ora dei voti e del tirar di conto con Thohir. «Dopo una sconfitta non si può certo essere soddisfatti. Anche se ho visto carattere. Ora comincio a conoscere i giocatori, un'idea chiara ce l'ho. Fra una settimana parlerò con la società per capire che cosa fare al mercato di gennaio. Meglio una analisi dopo una vittoria: si è tutti più sereni». Sennò sarebbero bocciature veloci. Nello spogliatoio si intuiscono le prime tensioni. I giovani leoni sono giovani, ma non abbastanza leoni per il tecnico (Kovacic e Icardi) e vanno in campo con facce lunghe. Non è piaciuto lo sfogo di M'Vila.
Mancini punta a vincere da domenica (Udinese) in avanti. Potrebbe essere in panca: non si aspetta squalifiche dopo l'espulsione. Un rapido conto sull'arco di 7 partite (Juve-Inter il 6 gennaio) porta a chiedere 16-18 punti, meglio se 9 nelle prossime tre. Il tecnico ha parlato con il presidente indonesiano che ha visto qualche miglioramento. E attende un deciso decollo. Invece Moratti ieri non è comaprso a un processo contro Moggi, presentando un certificato medico.
C'è qualcosa che non quadra, anche nella forma fisica nerazzurra: Mancio ha aumentato le razioni di allenamento, ha cercato di ricostruire il morale. Ora deve rinsaldare il buon giocare e, soprattutto, l'assetto difensivo. L'analisi: «Dobbiamo cambiare mentalità, giocare da Inter a prescindere dal risultato, e pazienza se arriva qualche sconfitta. Non contano i moduli, non sono quelli che fanno funzionare la squadra ma altre cose». E così dovrà star zitto chi usa il modulo come alibi (Ranocchia). Sottintese tre-quattro critiche affiorate dai pensieri post partita: cattiva organizzazione nel gioco e nei movimenti del centrocampo, Mancini contro la Roma continuava a chiedere di stare più stretti. Guarin che non torna mai, M'Vila ancora pachidermico. Altro pensiero a voce alta: incredibile veder avversari correre 50 metri palla al piede senza che nessuno provi il fallo. Il tecnico chiede più durezza nei contrasti, come si conviene a squadre di rango, e riflessi più scattanti nei difensori centrali, come serve a chi vuol sfruttare i gol segnati.
C'è disabitudine a giocare alla pari: con Mazzarri facevano paura anche le ombre. Qui il tecnico ripete un ritornello: «Dobbiamo vincere 2-3 partite consecutive, aiuta a migliorare e guardare avanti». Come e con chi? Servono un giocatore di fascia (Lavezzi si è tirato fuori, Cerci ci spera) e un centrocampista più credibile di Guarin e M'Vila. L'allenatore ha sperimentato di tutto e nemmeno con gran successo: Dodò non tiene difensivamente, Campagnaro deludente, il fragile Hernanes dovrà darsi una svegliata, Kovacic gli piace ma sembra tornato un ragazzino sperduto.
Palacio ha toppato a Roma, ma l'attacco ha la faccia migliore: Icardi e Osvaldo (scoperto con maglietta «Vi ho purgato ancora» sotto quella nerazzurra e inseguito dagli insulti su twitter) hanno garantito 12 reti in due, quando i gol totali sono 20. Diciannove le reti subite, e grazie che in porta c'è un pararigori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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