Ieri a Roma, davanti all'avvocato penalista Nicola Capezzoli, investigatore della Federciclismo, si è seduta la figlia del Signor X, il papà che qualche settimana fa aveva concesso al Giornale una dura intervista con la quale il genitore ha tolto il velo sul #MeToo a tinte azzurre.
Dopo Silvio Martinello, Roberto Chiappa e il Ct azzurro Edoardo Dino Salvoldi, ieri è stata appunto ascoltata questa ragazza, che ha riposto alle domande del capo della Procura per una mezz'ora abbondante, raccontando la propria esperienza e fornendo elementi importanti e utili ad arricchire l'indagine che con grande attenzione e rigore sta portando avanti la Procura. Il #MeToo nel ciclismo ha però trovato nelle settimane scorse terreno fertile anche in altri sport. Nell'occhio del ciclone ci è finita l'equitazione. Denunce e accuse attorno agli abusi dello sport italiano sono solo all'inizio, anche se si tende generalmente a minimizzare e a circoscrivere i casi alla voce è solo una questione di poche mele marce.
Il mondo dell'equitazione si è mosso dopo la denuncia a Telefono azzurro di una 14enne di Caserta abusata per quattro anni dal proprio istruttore. Sconcertante la realtà emersa dalle indagini: oltre a questa ragazzina, l'orco ha abusato di altre sei minorenni, tra i 6 e i 14 anni. Casi isolati? Neanche per sogno. «Le mela marce purtroppo sono molte e all'interno del sistema sportivo c'è un problema di impunità», ha spiegato nei giorni scorsi Daniela Simonetti, presidente del Cavallo Rosa, l'associazione in prima linea contro gli abusi nello sport. La quale ha poi aggiunto: «Il problema c'è in tutte le discipline sportive, ma quello che colpisce è il silenzio».
È chiaro che non è facile parlare, ma è necessario farlo, a tutti i livelli e in ogni sede. È chiaro che è doloroso, ma non è assolutamente sopportabile che sul banco degli imputati ci finisca chi ha trovato o sta trovando il coraggio di rompere il muro dell'omertà.
Qualcosa si sta muovendo nel mondo del ciclismo, ma non solo. Anche nel nuoto è stato denunciato e allontanato nelle scorse settimane un istruttore che chiedeva pose hard in cambio di un posto in squadra. O nel calcio, dove un allenatore è stato recentemente allontanato dalla Figc veneta perché scoperto a palpeggiare ragazzine di 13 anni.
Casi isolati? Forse, ma è bene che sia la giustizia sportiva e non solo quella a dirlo con chiarezza. Per il bene di tutti. In ogni caso, la priorità è trovare la forza di aprire gli spogliatoi, luoghi sacri e invalicabili al centro di troppi sospetti. Apriamo porte e finestre: proviamo a cambiare l'aria.
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