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Mick va oltre il cognome Schumacher. A un passo dal titolo di Formula 2

Michael si fermò alla F3. Il figlio esordirà in F1 un anno prima di papà

Mick va oltre il cognome Schumacher. A un passo dal titolo di Formula 2

Ormai non è più soltanto un cognome. Indipendentemente da come finirà il campionato di Formula 2, Mick Schumacher ha dimostrato di aver meritato tutto quello che ha avuto finora. Ha cominciato a correre con il nome della madre, ma oggi continua nel nome del padre. A 21 anni compiuti lo scorso 22 marzo, può conquistare il titolo di Formula 2. Alla sua età papà Michael vinceva il campionato tedesco di Formula 3 e, soprattutto le gare internazionali di Macao e del Fuji, conquistandosi un contratto per guidare la Mercedes nel mondiale sport prototipi. Mick, comunque finirà con i 22 punti di vantaggio a 2 tappe (4 gare e 86 punti), tutte in Bahrain ma su due piste differenti, dalla fine, l'anno prossimo debutterà in Formula 1 con la Haas motorizzata Ferrari. Manca ancora l'annuncio, ma ormai lo sanno anche i muri. Arriverà in Formula 1 prima di papà che debuttò solo ad agosto 1991 a 22 anni, 7 mesi e 22 giorni. Mick, se l'ottimistico calendario 2021 verrà confermato, debutterà infatti il giorno prima del suo 22esimo compleanno.

Padre e figlio hanno seguito due strade parallele, ma decisamente differenti. Hanno cominciato con i kart da bambini, sono passati alle monoposto sulle piste di casa, hanno proseguito cominciando a girare l'Europa e il mondo. Papà Michael non aveva una lira e ha dovuto aprirsi la strada con il suo talento e l'intraprendenza del suo manager Willi Weber. Mick ha avuto la strada spianata, il papà sette volte campione del mondo che lo iscriveva alle gare di kart con il cognome della mamma, poi si sorprendeva che lo riconoscessero quando andava ad accompagnarlo in pista. L'anno scorso poi è entrato nella Ferrari Drivers Academy, la stessa scuola frequentata da Charles Leclerc, arrivandoci come pilota Prema Powerteam, la squadra più forte che c'è nelle formule minori. Strada spianata. Ma, come ha sempre detto Jean Todt: «Non è un cognome che ti fa andare veloce e vincere le gare». Nel mondo dei motori ci sono anche dei figli più veloci dei padri, ma soprattutto il contrario. Mick si è guadagnato le sue promozioni sul campo. Ha seguito la trafila corretta: un anno d'apprendimento e poi boom. Lo ha fatto in Formula 3 e ora si sta ripetendo in Formula 2 dove ha debuttato con una vittoria (a Spa, la pista dove nacque la leggenda di papà) lo scorso anno.

In questa stagione ha cominciato a vincere a Monza e ha costruito il suo primato con la costanza dei risultati conquistando 10 podi. Ha vinto meno di Ilot e di Shwartzman che hanno tre vittorie a testa, ma arrivare così spesso sul podio gli ha permesso di prendere il largo in campionato. «Ci sono ancora 96 punti in palio. È tutto aperto, i primi sei in classifica possono ancora vincere il campionato - ha detto a Sky Sport che oggi trasmetterà uno speciale su di lui - Il nostro obiettivo è quello di concentrarci solo su noi stessi, costruire la migliore macchina possibile e lavorare bene come abbiamo fatto nelle ultime gare. Ritengo sia importante restare concentrati al massimo e continuare a migliorarci, io in primis».

Parla un po' come papà. È un ragazzo educato che già si esprime in italiano meglio di papà. Il confronto è inevitabile, lo sa anche lui, nonostante la sua manager che poi era la stessa degli ultimi anni di papà, lo protegga come fosse un prezioso uovo di Fabergè. Mick non può che raccontare di ispirarsi a quel papà così monumentale che schiaccerebbe anche Gulliver. Però poi aggiunge all'elenco dei suoi maestri anche Vettel («È per me quello che mio padre era per lui, con il tempo voglio diventare un pilota completo e per riuscirci devo superare le difficoltà, ti fanno crescere») e Hamilton («Ha tantissime qualità che esprime in ogni aspetto del nostro sport»). Non si è scelto dei cattivi esempi. Non gli resta che vincere.

Tanto per cominciare.

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