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Milan tra crisi e rivoluzione: niente soldi, largo ai giovani

Galliani in Francia ha concluso per il 17enne Niang, l'erede di Henry. Intanto Braida rivela: "Cassano ha chiesto 100 volte di essere ceduto"

Milan tra crisi e rivoluzione: niente soldi, largo ai giovani

Per una volta si può partire dalla statistica senza sconvolgere le coscienze. Quando al Milan capita di perdere la prima partita non vince mai lo scudetto. Tutti tranquilli, allora: alzi la mano infatti chi osava reclamare dal Milan di oggi o del prossimo 1° settembre un traguardo così impegnativo. L'elenco dei precedenti, concentrato nell'era berlusconiana, riporta solo tre precedenti e a ben studiare, le affinità più marcate sono legate all'episodio datato 86-87, primo torneo con Silvio Berlusconi presidente e Liedholm in panchina: l'Ascoli vinse 1 a 0 a San Siro, gol di Barbuti in classico contropiede. Cominciò male la stagione ma finì in modo dignitoso dopo le dimissioni del maestro svedese: spareggio per il posto in Uefa vinto a Torino contro la Samp, gol di Massaro, con Capello allenatore.

Anche in questo caso targato 2012 siamo nell'anticamera di una rivoluzione ma di segno completamente opposto rispetto all'alba del ciclo milanista più prodigioso della storia. Perché allora, col calcio modernissimo griffato dall'Arrigo, cominciarono ad arrivare gli olandesi, inseriti in un gruppo di giovanissimi talenti addestrati dal settore giovanile. Fu subito scudetto e poi coppa dei Campioni e Intercontinentale. Qui invece siamo alle prese con un viaggio, lungo e tormentato, verso un futuro ignoto, segnato da condizioni economiche totalmente diverse. Qui i 2 fuoriclasse disponibili sono partiti, gli storici esponenti dell'ultima striscia di trionfi hanno ceduto all'età e nelle retrovie dello spogliatoio ci sono acerbi giovanotti tutti da formare e qualche modesto professionista. «Stiamo aprendo un nuovo ciclo» è l'appello lanciato da Abbiati al pubblico amico. Chiede tempo in un calcio che non ha tempo. «Botti finali di mercato? Il Milan ha dato segnali chiari, vuole costruire una squadra diversa non avendo i mezzi per investire nei top player. Bisogna prendere l'esempio dal Borussia, grazie ai suoi giovani ha vinto per due volte la Bundesliga» l'osservazione di Raiola che è alla fine l'anticipazione di una notizia. Non ci sono stelle all'orizzonte del Milan come confermano gli ultimi sviluppi della trattative Kakà (se parte in prestito per Milanello, al rientro in patria, il Real perderebbe il bonus fiscale e dovrebbe versare 24 milioni all'anno per pagare l'attuale stipendio di 12 milioni, di qui le resistenze del presidente Perez). Dalla decisione di ridimensionare gli investimenti non è possibile tornare indietro: questa è la bussola.

E che in via Turati si stia preparando, con qualche vistoso ritardo (il raduno è avvenuto con il Milan pieno di Thiago e Ibra), il futuro con i giovani non è solo una soffiata di Raiola o una speranza legata alla maturazione di De Sciglio e al rilancio di El Shaarawy. Ieri, Galliani, ha rinviato il summit con Allegri per piombare a Caen e ritirare il 17enne M'Baye Babacar Niang, francese di origine senegalese, attaccante dell'under 21, considerato qualcosa in più di una promessa, l'erede di Henry secondo taluni. Acquisto da 2,5 milioni, massimo 3: il massimo della spesa consentita. Nel frattempo, il Milan attuale che non può vincere lo scudetto ma rischia di arrivare fuori dal podio e perciò perdendo la Champions ha bisogno di qualche vitamina per riparare al deficit in attacco (Robinho fuori 3 settimane, Pato quasi due mesi, Pazzini in ritardo di condizione) e soprattutto di liberarsi del clima depressivo che è diventato un macigno sul cuore dei milanisti. Non c'è allegria a Carnago, non c'è fiducia in giro, non c'è auto-stima tra gli stessi reduci rossoneri e così anche Allegri non può nemmeno reclamare in pubblico l'assenza di 5-6 titolari (Abate, Mexes, Ambrosini, Muntari, Pato) per riscuotere qualche giustificazione rispetto alla sconfitta con la Samp che ha indirizzato la stagione verso un epilogo deludente. È sicuro,: non vincerà lo scudetto ma il rischio è di arrivare nelle retrovie del gruppetto di testa.

Chiuso infine da Braida il capitolo Cassano: «Ha chiesto non una ma 100 volte di essere ceduto e non mi ha mai spiegato il motivo».

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