In attesa di un'eventuale svolta societaria e magari di un cda con gli occhi a mandorla, al Milan è cambiata l'aria. Lo si è capito al termine di una delle assemblee degli azionisti più convulse della trentennale storia berlusconiana. È successo quando i piccoli azionisti hanno snocciolato una lista alternativa per il nuovo consiglio d'amministrazione: «Rivera, Maldini, Boban, Seedorf e Albertini...». Una provocazione che ha costretto Adriano Galliani a rivolgersi al notaio: «È la prima volta che capita in 30 anni...». L'aria è cambiata, appunto.
I piccoli azionisti, lo 0,04 per cento, hanno fatto le pulci al bilancio rossonero, in cui aumentano i costi (+5,9%) e calano i ricavi (-9,2%), chiuso con un meno 89,3 milioni di euro e ripianato dall'azionista di maggioranza Fininvest. In un'assemblea senza gran parte del cda, presenti solo Galliani e Leonardo Brivio, a tenere banco è la raffica di domande che mette nel mirino tutta la gestione del club. Da Casa Milan, con gli oltre due milioni di «affitto», ai 5,6 milioni incassati da una sponsorizzazione senza nome. Nel mirino anche il nuovo stadio e la causa intentata per 36 milioni da Fiera Milano. E poi il continuo confronto con la Juve: dal numero di dipendenti, tesserati e non, allo Juventus Stadium «costato 150 milioni, molto meno dei versamenti di Fininvest negli esercizi 2014-15».
Un diavolo messo a nudo. E qualche battuta sopra le righe. Da «il Milan è diventato una barzelletta che non fa più nemmeno ridere» al «mi aspettavo le dimissioni» rivolto a Galliani. E ancora «è una società tecnicamente fallita», fino al valzer degli allenatori «lasciateli lavorare in pace» riferito a Silvio Berlusconi «anche lui colpevole». Ce n'è indirettamente anche per Barbara Berlusconi quando viene riconosciuto a Galliani di essere l'unico «ad averci messo ancora una volta la faccia».
Dopo l'inedita sospensione di un'ora e quaranta, necessaria per una riunione tra i due ad, ecco la risposta di Galliani in 5 minuti. «Il Milan ha un piano strategico pluriennale nel rispetto del fair play finanziario. In tutti gli sport si hanno cicli positivi e negativi. Il cda sta prendendo decisioni per sovvertire questo trend». Galliani respinge i continui richiami alla Juve: «Non si possono fare confronti con società quotate in Borsa». Rivela che «la costruzione di uno stadio di proprietà rimane tra gli obiettivi strategici». Difende Casa Milan «che ha ricevuto 600.000 visitatori con incassi di 6.4 milioni di euro». Non entra nel dettaglio dei compensi del cda, leggermente diminuiti, e degli agenti «alti per tutte le società».
Alla fine il bilancio è stato bocciato da numerosi piccoli azionisti. A conferma del crescente malcontento nel popolo rossonero. Al quale non avrà certo ridato il buonumore nemmeno la battuta-smentita del patron di Alibaba, Jack Ma: «Il Milan è la squadra di Milano?».
Al netto dell'indecifrabile umorismo cinese, persiste la riservatezza sui quattro soggetti che comporrebbero la cordata allestita dall'advisor Galatioto, dei quali non farebbero parte i grandi gruppi finora ipotizzati, emergono i dettagli economici. La cordata cino-americana avrebbe versato come garanzia delle serie intenzioni 150 milioni di euro. Un biglietto da visita da non sottovalutare. Resta il fatto che l'ultima parola spetta sempre al presidente Berlusconi. Poi una volta che sul tavolo arriverà, nei prossimi giorni, il dossier definitivo messo a punto dai dirigenti Fininvest e dai consulenti della cordata interessata all'acquisto, si deciderà. Sul tavolo circa 500 milioni di euro per il 70 per cento, coi cinesi che si accollerebbero anche i debiti.
A quel punto il presidente deciderà se dare il via libera e avviare la due diligence e avviare una trattativa in esclusiva. E ancora oggi immaginare Berlusconi senza il Milan è un esercizio difficile. Per ora l'unica certezza in via Aldo Rossi è il bilancio in rosso.
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