Calcio

Milan-Napoli senza Osimhen per una verità da Champions

Due club che per forza o per scelta sono tra i più virtuosi. Pioli punta su Leao, Spalletti su Kvara orfano di Victor

Milan-Napoli senza Osimhen per una verità da Champions

I fatti prima delle opinioni. E i fatti, nel calcio, sono i risultati i quali certificano, ad esempio, che negli ultimi tre tornei domestici - campione affidabile perciò - il Milan ha vinto tre volte a Napoli e il Napoli ha vinto tre volte a San Siro. Pari e patta. È forse il simbolo di un perfetto equilibrio che rompe lo schema attuale rappresentato dal distacco chilometrico in classifica tra Spalletti, padrone assoluto del prossimo scudetto, e Pioli detentore attuale in ritardo addirittura con la zona Champions. «Senza Osimhen percentuali alla pari: 50 e 50» sentenzia Fabio Capello che di Champions e di queste sfide se ne intende parecchio. Altro fattore: l'influenza del precedente (2 aprile a San Paolo, Napoli-Milan 0 a 4) sugli umori, le sicurezze e le ambizioni dei due team. «È tutta un'altra cosa» risponde Pioli al mattino da Milanello in perfetta sintonia con Spalletti che da San Siro a sera ripete lo stesso ritornello per togliersi di dosso le ultime scorie di quella prova scandita anche da qualche nervosismo di troppo denunciato durante l'intervallo. «Vince chi sta meglio» è l'altro metro di giudizio suggerito da Giovanni Galli, portiere del primo Milan di Sacchi campione d'Europa due volte e poi napoletano. E qui i parametri divergono leggermente perché Pioli, a dispetto del pari modesto con l'Empoli, continua a pensare che sia tornata al meglio la salute al suo gruppo, al pari di Theo Hernandez il quale confessa d'aver superato «il momento no seguito alla finale mondiale persa a dicembre».

Sul punto non è casuale che Pioli riproponga, pari pari, lo stesso schieramento di 10 giorni prima, riportando Kjaer al centro della difesa, Krunic a centrocampo e il tridente d'attacco (Diaz, Leao, Giroud) titolare con posizioni che possono magari cambiare, così per cogliere di sorpresa i rivali, apparsi leggermente affaticati in quel di Lecce («per colpa delle nazionali» spiegò il tecnico di Certaldo). Spalletti invece non ha né uomini né esigenze per meditare qualche sorpresa. Osimhen è rimasto a casa, complicato anche il recupero per il ritorno del 18 aprile, Simeone è fuori gioco per insulto muscolare: c'è solo Raspadori disponibile con Kvara (più Elmas esterno) eventuale centravanti di ripiego. E Raspadori, col Sassuolo, procurò più di un dispiacere a Tomori. In perfetta parità risulta anche la gestione dei conti di Milan e Napoli, due tra i club più virtuosi del reame: monte stipendi basso, zero o quasi debiti con le banche, età media tra le più giovani, persino i rapporti tra ADL e Scaroni e Maldini sono eccellenti al pari di quelli tra ultras. «San Siro è il nostro 12° uomo» racconta Theo Hernandez pensando allo stadio pieno (incasso sugli 8 milioni) prima di stuzzicare Stefano Pioli («Leao come Mbappè? Ci deve pensare il mister...») segno di un clima da gita scolastica. Già perché dev'essere una gioia vivere partite di questo livello dimenticando i 4 diffidati (Tonali, Tomori, Krunic e Ballò Tourè) e pensando a come moltiplicare le energie. «La forza di un sogno ci ha aiutato a vincere lo scudetto» confessa Pioli. «Vincere la Champions? Possiamo» osa Theo perché poi non costa niente sognare ad occhi spalancati sulla semifinale alla portata.

Al pari di Spalletti che parla di Guardiola e Maldini. «Se Pep si è offeso gli chiedo scusa - così il tecnico del Napoli -. Spero di potermi fare due risate con lui davanti a un buon caffè turco Paolo? Lo stimerò sempre. Allo Zenit feci il suo nome quando mi chiesero un profilo di esperienza». Poi inquadra la sfida di San Siro: «Serve una mentalità da campioni che non distinguano tra giocare in casa o fuori.

Manca Osimhen? Sin qui abbiamo fatto vedere di saper scegliere come giocare al di là della formazione iniziale, abbiamo vinto partite importanti senza di lui».

Commenti