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Milan, la pace è finita a Roma Nervi tesi da Balo a Seedorf

Milan, la pace è finita a Roma Nervi tesi da Balo a Seedorf

MilanoIl Milan è ripiombato nel pozzo nero dei suoi tormenti, delle sue divisioni e dei suoi limiti. Inevitabile quando il fuoco continua a covare sotto la cenere. La sconfitta con la Roma non ha solo spezzato qualche sogno proibito (il sesto posto) e brutalmente interrotto una striscia di 5 successi giudicata per la sequenza e non per lo spessore dei rivali messi sotto. Dietro l'ennesimo duello perso con una delle prime della classe sono riemerse le crepe societarie nascoste dal "patto catanese" (la nota presidenziale con la divisione delle deleghe pubblicata alla vigilia di Catania-Milan) ed è riaffiorata qualche verità (sul destino di Seedorf) taciuta solo per codardia professionale.
L'attacco di Seedorf. Incassato il secco 0 a 2 (fatto di calcio di qualità romanista, di corsa e di talento autentico con un deficit rossonero inquietante, 26 palle perse), Clarence Seedorf ha chiamato in causa il silenzio della società tra i motivi dell'attuale situazione, come se una conferma a parole, di quelle fasulle che si usano in circostanze del genere, avrebbe cambiato il corso degli eventi. Silvio Berlusconi ha già preso la sua decisione e Galliani, ligio alla consegna, ha i suoi buoni motivi per non intervenire nella materia. Il Milan tirerà le conclusioni, scontate, a metà maggio, dopo la fine del campionato. Anche Barbara Berlusconi ha dovuto astenersi sull'argomento scottante. «Non è di mia competenza», ha ripetuto ieri alla stessa agenzia che aveva accreditato, dopo la disfatta col Parma, un pensiero del presidente favorevole all'olandese.
Il litigio di Balotelli. Al centro della scena è rimasto per tutto il giorno dopo la sconfitta dell'Olimpico Mario Balotelli. La sera prima ha discusso con Seedorf, mal sopportato la sostituzione, quindi ha deciso di andare in tv e mettere la faccia, pronto a riconoscere di aver «giocato male» e infine capace di ammettere «sono un giocatore normalissimo io, non un fuoriclasse». E invece ha raccolto i rilievi critici di Marocchi e quelli acidi di Boban come spunto per celebrare l'ennesimo litigio in diretta: «Chi parla? Voi non capite niente di calcio». Alè. Non sono mancate le repliche e le controrepliche, seguite anche da fantasiose ricostruzioni (tipo: «l'hanno mandato apposta in tv per poi cederlo sul mercato!»). Ieri Marocchi ha sentenziato: «Ha fatto 4 gol in croce, il Milan si è arreso nella sua gestione». Galliani ha affrontato di petto la questione: ha interrogato il giocatore, ha saputo che dovevano essere Montolivo e Bonera i prescelti per le interviste del dopo-partita, e ha tirato la sua conclusione. «Si è trattato di un siparietto televisivo, non è scoppiata la terza guerra mondiale». Mario ha affidato ai cinguettii le sue reazioni. «Ho diviso l'Italia in due, ma all'estero sono tutti con me»: la vecchia teoria illustrata anche dall'agente Mino Raiola che vorrebbe riportarlo oltre frontiera.
Lodi pelose alla Roma. A rinfocolare il vecchio duello rusticano Lady B-Galliani ha provveduto la nota della figlia del presidente piena di complimenti alla Roma «per aver costruito un organico così forte». Nessun intento polemico, la precisazione del suo portavoce. Ma non ha convinto granchè. Da novembre scorso, la Roma (insieme con la Fiorentina in quella occasione) viene citata come modello da Barbara Berlusconi, e non a caso l'ad giallorosso Fenucci fu indicato come uno dei sostituti per il dopo Galliani. Un modello improvviso visto che negli ultimi 5 anni la Roma è arrivata 4 volte dietro il Milan e solo qualche mese fa, maggio 2013, si è classificata nona ed è perciò rimasta senza coppe.

La differenza tra ieri e novembre è una sola: all'epoca Braida si dimise, Galliani fece altrettanto e fu fermato dal presidente oltre che dai figli Marina e Piersilvio, questa volta Adriano ha fatto spallucce.

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