Milano - Chissà cosa penseranno in Cina del derby più pazzo del mondo. Di sicuro si sono divertiti e non solo per quei quattro gol, divisi in parti uguali, che hanno riempito il boccale del primo derby di Milano «orientale» fino all'ultima goccia. Chissà se avranno capito la scenografia neroazzurra (anca a mezzdì viva Inter) e decifrato quella criptata della curva rossonera. Di sicuro l'uso sconsiderato dei fumogeni è stato molto apprezzato. Poi c'è stato il derby più pazzo del mondo, identico nello sviluppo a quello dell'andata, e allora lo spettacolo è diventato contagioso. Perché il calcio a volte sa essere come la livella della celebre poesia di Totò: se ti toglie qualcosa, poi è pronto a restituire. A novembre toccò a Perisic, in agguato sul secondo palo, sotto gli occhi di Locatelli, firmare il tocco felpato che consegnò al debuttante Pioli il 2 a 2. Ieri è stato Zapata, al culmine dell'ultimo assalto, finito anche lui sul secondo palo senza che nessuna sentinella interista lo sorvegliasse, deviare di quel tanto la palletta spizzata da Bacca per sigillare il 2 a 2. All'andata gli interisti festeggiarono la rimonta come se avessero guadagnato il posto in Champions, ieri sono stati Montella e i suoi ragazzi a fermarsi per molti minuti sotto la curva amica per saltare e cantare come se avessero vinto lo scudetto. Mai visto il tecnico napoletano abbandonare il suo proverbiale stile compassato per trasformarsi in uno scatenato ultrà: sono gli effetti del derby verrebbe da chiosare. Ha fatto le veci di Adriano Galliani che era al ristorante in compagnia di Rocco Maiorino, l'ex ds: i due hanno fatto saltare bottiglie e bicchieri al tocco di Zapata e hanno fatto festa proprio come ai vecchi tempi.
Pazzia o no, questo derby dev'essere ricordato innanzitutto perché è stato deciso, per la prima volta nella sua storia, dalla tecnologia. Chissà se a occhio nudo, Orsato e i suoi collaboratori, avrebbero visto la palletta di Zapata entrata di mezzo metro almeno, con Medel lesto ad allontanarla. È arrivato il segnale e quando Medel ha rincorso l'arbitro per protestare, Orsato gli ha mostrato il quadrante con il comunicato: gol. La bellezza pagana di questo derby è anche concentrata nelle sue strepitose contraddizioni. Pensate per esempio alla partenza del Milan con la striscia di quattro occasioni da gol sciupate e mortificate da Bacca e soci, castigata dal crudele uno-due di Candreva a Icardi, in meno di dieci minuti, che ha stordito il Milan e ribaltato la classifica con il contro-sorpasso. Pensate poi ai due squilli rossoneri ottenuti da due difensori in avanscoperta, il primo di Romagnoli, il secondo di Zapata, mentre il plotoncino dei 5 attaccanti schierati (Lapadula e Bacca assistiti da Ocampos, Deulofeu e Suso) è rimasto a bocca asciutta. Fassone e Mirabelli hanno capito che il nodo del centravanti è da sciogliere prima possibile: Bacca non ha firmato una sola giocata come si deve e quando ha vinto un contrasto imprevisto si è impappinato a due passi dalla porta.
La contraddizione più vistosa è concentrata nel film della sfida. Il Milan è andato sotto quando meritava di montare in vantaggio, l'Inter ha preso a comandare il derby quando si pensava che fosse ridotta all'angolo; Pioli ha patito il ritorno dei rossoneri quando aveva apparecchiato una super-difesa a 5 (con Murillo) e schierato un paio di frecce in attacco (Eder e Biabyani); Montella è riuscito nell'ennesima remuntada della stagione (nono episodio) quando i suoi hanno offerto la prestazione meno brillante. Il derby più pazzo del mondo ha anche incenerito molte figurine: quelle di Donnarumma, De Sciglio e Calabria dalla parte dei milanisti, tre ragazzi che forse si faranno ma nel frattempo devono essere liberi di sbagliare e di imparare; quelle di Handanovic, Eder e Miranda in campo neroazzurro, tre senatori che non possono permettersi alla loro età sfondoni o amnesie.
Alla fine l'unica vera differenza tra il 2 a 2 di novembre e quello di ieri è una sola: il pareggio di Zapata può diventare decisivo nella corsa al sesto posto, ultimo vagone utile per l'Europa league e condannare Pioli, già così poco amato dalle legioni di tifosi.
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